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Emil e Dana Zátopek – essere leggende sportive nei difficili anni del dopoguerra

Ancora oggi, i coniugi Emil e Dana vengono ricordati come atleti primari del periodo a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta del secolo scorso. In effetti vinsero numerose medaglie, stabilirono vari record mondiali e nazionali, dando lustro alla Cecoslovacchia del dopoguerra.

In particolare Emil Zatopek, vincendo medaglie olimpiche sia nelle gare di mezzofondo che di fondo, resta ancora oggi una figura mitica dello sport mondiale. Nel 2012 fu incluso nella IAAF Hall of Fame, della federazione internazionale dell´atletica leggera, nella quale attualmente rientrano solo 24 atleti.

L´immagine di Dana è stata in parte messa in ombra da questi straordinari successi del marito, pur restando comunque un punto di riferimento del mondo atletico nazionale cecoslovacco per diversi decenni.

La loro storia è fatta di tante luci, e qualche ombra che per fortuna con il tempo sembrano sbiadirsi. D´altra parte, vissero negli anni della Cecoslovacchia comunista, e non poterono certamente restare chiusi in una bolla di vetro.

EMIL, LA LOCOMOTIVA UMANA e DANA, LA GIAVELlOTTISTA

Sia Emil che Dana, nacquero lo stesso giorno, il 19 settembre 2022. Si unirono in matrimonio nel 1948 dopo le olimpiadi di Londra.

Emil Zatopek nacque a Kopřivnice, in Moravia. Solo per caso, grazie al suo primo datore di lavoro Baťa, si avvicinò al mondo della corsa dimostrando fin dalla adolescenza un innato talento, ma anche una enorme forza di dedizione e passione che lo portò a trionfare in varie discipline olimpiche, tra il 1948 a Londra (oro nei 5 km ed argento nella 10 km) ed il 1952 a Helsinky (oro nei 5 km, nei 10 km e nella maratona), oltre a vincere diverse gare europee e nazionali. Probabilmente avrebbe potuto vincere ulteriori medaglie alle olimpiadi del ´56 di Melbourne se non avesse dovuto subire una operazione all´ernia qualche settimana prima dell´evento (giunse comunque sesto alla maratona).

Sviluppò un particolare metodo di allenamento all´avanguardia per il periodo, fatto di diverse ripetute alternate e di carichi di lavoro estenuanti. Il suo volto contratto dallo sforzo fisico e lo stile della corsa molto particolare, divennero famosi in tutto il mondo, e venne soprannominato “Emil il terribile” e “la locomotiva umana”.

Resta inoltre nella storia dell´atletica questa capacità di vincere in discipline diverse nella media e lunga distanza.

La moglie Dana Zátopková, originaria di Frýštat (paese nella provincia di Karvina situato nella regione della Slesia), fu campionessa olimpica nel 1952 nella disciplina di lancio del giavellotto e vinse gli europei del 1954 e del 1958. Alle olimpiadi di Roma, nel 1960, ottenne la medaglia d´argento.

Successivamente, Dana dedicò i suoi anni ad allenare le giovani promesse non perdendo mai la passione per lo sport. Visse sempre accanto al marito senza avere figli. Viene ricordata come una donna molto forte, con proprie opinioni e metodi, senza peli sulla lingua. Il rapporto con Emil fu molto schietto e sincero.

Si narra che nel 1952, Ťopek (cosí veniva chiamato Emil dalla moglie) vinse i 5.000 metri, e poi a distanza di pochi minuti Dana vinse l´oro nel lancio del giavellotto. Il marito in conferenza stampa fece capire che con la sua vittoria aveva probabilmente inspirato la moglie. Dana rispose „Davvero? Va bene, vai a cercare di ispirare qualche altra ragazza e vedi se anche lei riesce a lanciare un giavellotto a cinquanta metri!”.

* * *

Tuttavia, se le qualità straordinarie degli atleti Zatopek non si possono certamente mettere in discussione, i Zatopek „cittadini“, che hanno vissuto durante il regime comunista, sono spesso fonte di riflessione e critica da parte degli storici.

Le seguenti considerazioni si basano prevalentemente sulla figura del marito Emil, ma occorre tenere conto che Dana restò sempre al suo fianco e pertanto probabilmente condivise  le scelte del marito.

EMIL e LA POLITICA, NON SEMPRE UNA SCELTA DI COERENZA

Per farsi un´opinione, occorre calarsi nel contesto storico: senza dubbio, Emil Zatopek rappresentò una grande icona per il regime comunista, esprimeva la vita dello sportivo vincente, famoso in tutto il mondo e rappresentava un fiore all´occhiello a livello internazionale. D´altra parte, lo stesso Zatopek amava presentarsi pubblicamente, e non temeva di esprimere pubblicamente le proprie opinioni, senza particolari peli sulla lingua. Sono rimaste nella storia alcune sue affermazioni, che riportiamo in calce a questo articolo.

Visse l´apice della carriera sportiva negli anni dal 1948 al 1952 anni in cui il regime totalitario mostrò molti lati negativi ad iniziare dalle repressioni dei dissidenti e delle persone ritenute problematiche, passando per l´epurazione interna che portò a decretare la pena di morte per alcuni membri fondatori del regime, fino alla riforma monetaria che venne introdotta nel 1953 in Cecoslovacchia.

In questi anni, Zatopek, entro a far parte dell´esercito e aderì al partito comunista (tradizione di famiglia, dato che il padre ne era stato membro tra gli anni 20 e 30) e svolse fedelmente il ruolo che gli venne domandato dai gerarchi di partito, seppure non abbia celato alcune sue opinioni contrarie in difesa di alcuni atleti che lui conobbe e che il regime cercò di penalizzare e offuscare, forte – probabilmente – della sua pubblica immagina. Si dice che abbia espresso parere positivo alla condanna a morte di Milada Horakova e che rientrasse tra le persone catalogate come spie di regime nella polizia segreta STB, sotto lo pseudonimo di „Macek“.

Dopo aver terminato l´attività agonistica, nel 1956, continuò a svolgere una opera educativa incontrando scolari e studenti e promuovendo lo sport tra i giovani. Negli anni Sessanta, come dipendente del Ministero della Difesa, rientrò nel reparto che si occupava della preparazione fisica dei militari.

Con l´arrivo del 1968, Zatopek si schierò apertamente a favore delle riforme che la Primavera di Praga e il Governo Dubcek stava introducendo nella Cecoslovacchia. Sottoscrisse anche il manifesto pubblico denominato delle „2 mila parole“ a favore del riformismo, documento che poi successivamente venne definito controrivoluzionario.

In effetti, a partire dal 1969, durante il periodo c.d. della „normalizzazione“ nel quale il regime ristabilì i principi socialisti alla base dello Stato debellando qualsiasi velleità democratica, anche Zatopek fu oggetto di inchiesta, allontanato dall´esercito e assegnato a lavori geodetici di ricerca e scavo di pozzi per sei anni dato che nessuno voleva assumerlo. Furono indubbiamente anni duri per Emil: il regime lo stava cercando di portare nell´oblio collettivo, si narra avesse problemi con l´alcool e durante le settimane di duro lavoro, fu costretto a dormire in una c.d. „maringotka“ (caravan su ruote utilizzato dagli operai).

Zatopek in quegli anni rinnegò la sua adesione ai progetti riformistici ritenuti „rivoluzionari“ e pubblicamente dichiarò di ritirare la propria firma dal manifesto delle 2 mila parole che aveva sottoscritto assieme alla moglie.

Gradualmente fu riabilitato. Nel 1976 venne assunto presso il  centro di documentazione dell’Unione cecoslovacca di educazione fisica, per tornare ad essere negli anni 80 il simbolo della Cecoslovacchia riconosciuto a livello internazionale. Nel 1984 approvò pubblicamente la decisione della Cecoslovacchia di non partecipare alle olimpiadi di Los Angeles.

Nonostante questi cambiamenti di opinione del Zatopek „uomo“, l´immagine dell´atleta e del mito che rappresentó non furono mai offuscati, ed ancora oggi vengono largamente riconosciuti.

Gli storici discutono spesso se Zatopek non abbia mai pensato ad emigrare, come fecero alcuni sportivi e artisti durante gli anni Settanta. Il regime probabilmente lo avrebbe anche sostenuto in questa scelta, ma in realtà, tutti convergono nel ritenere che Zatopek  e la moglie non avrebbero mai lasciato la propria terra, alla quale erano profondamente legati.

* * *

Un ultimo ricordo di Zatopek, riguarda la sua amicizia con l´italiano Carlo Capalbo, l´organizzatore della maratona di Praga e delle numerose gare podistiche in Repubblica Ceca, nonché fondatore del progetto RUN CZECH riconosciuto a livello internazionale.

Si incontrarono negli anni novanta per discutere appunto della maratona di Praga, ed una foto li ritrae assieme sorridenti.

Zatopek morì nel 2000, dopo una lunga malattia. La moglie Dana nel 2020, a 98 anni.

Nel 2021 è stato presentato il film ceco „Zátopek“.

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Le frasi celebri attribuite a Zatopek:

  • Non mi è stata data la possibilità di correre e sorridere allo stesso tempo
  • dovete sapere che non si tratta di ginnastica o di pattinaggio artistico
  • Se vuoi vincere qualcosa, corri 100 metri. Se vuoi fare un’esperienza, corri una maratona
  • Se non ce la fai, accelera
  • È la linea del dolore e della sofferenza che separa i ragazzi dagli uomini
  • Vincere è una grande cosa, ma l’amicizia è ancora meglio

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Politica Storia

DUBČEK ed il sogno del socialismo dal volto umano.

Il 13 novembre 1988, Alexander Dubcek, ricevette la laurea ad honoris causa in Scienze politiche dall’Università di Bologna in occasione del IX centenario di nascita dell’Ateneo. Nei giorni seguenti il Comune di Bologna conferì allo stesso la cittadinanza onoraria.

Queste onorificenze rappresentarono la definitiva riabilitazione a livello internazionale del politico statista che rappresentò la Primavera di Praga nel 1968.

Alexander Dubček, agli occhi del mondo occidentale, ha sempre rappresentato la figura simbolo del sogno di riforma e democratizzazione del socialismo. Questo sogno fu brutalmente represso dall’invasione delle truppe del patto di Varsavia il 20 agosto 1968.

Spesso Dubček viene associato alla figura di Michail Gorbaciov, il premier sovietico che nella seconda metà degli anni 80 cercò tramite la perestrojka e la glasnost di riformare il sistema sovietico. In effetti Dubček ha espresso in varie interviste di allora la simpatia per il leader sovietico, rivedendo vari punti riformisti di cui si era fatto promotore un ventennio prima.

Come per Gorbaciov, tuttavia, l’immagine trasmessa dal leader Alexander Dubček verso i paesi c.d. occidentali, non ha un riscontro del tutto paritetico nella politica interna del paese di appartenenza, dove ancora oggi viene criticato per alcuni passaggi politici conseguenti all’invasione sovietica del 1968.

Questa critica, associata alla lontananza dalla politica attiva di oltre un ventennio, portarono ad escludere fin da subito la figura di Alexander Dubcek come presidente della neonata democratica Cecoslovacchia nel 1989, a scapito di Václav Havel – figura non collusa al precedente regime.

Ciò nonostante, comunque Dubček venne designato dal 1990 a capo del Parlamento Confederale, di fatto ricoprendo la seconda carica più importante a livello istituzionale fino al 1992, l’anno in cui morì a seguito di un incidente stradale sull’autostrada D1.

Di seguito proviamo ad analizzare alcune definizioni ed aspetti della figura politica di Alexander Dubček che talvolta capita di ascoltare ancora oggi.

  1. Dubček – un vero comunista

Nato nel 1921 a Uhrovec, vicino alla città di Trenčin, nell’attuale Slovacchia, Alexander Dubcek, nei primissimi anni della propria vita seguì i propri genitori, di fede dichiarata comunista, in Unione Sovietica fino al 1938. Durante il secondo conflitto mondiale partecipò ai combattimenti e fu ferito in modo non grave.

Nel dopoguerra, divenne membro del partito Comunista Cecoslovacco e iniziò la propria carriera politica, studiando anche per un certo periodo a Mosca, fino a divenire il presidente del partito comunista cecoslovacco nel gennaio 1968 a sostituire l´uscente Antonin Novotný, visto come un conservatore anacronistico.

Presumibilmente l’idea di riforma del sistema è maturata in Dubček negli anni, avendo constatato come certi periodi storici sovietici fossero stati molto bui e poco vicini alle esigenze della gente. Per questo motivo, fu fermamente convinto nell´introdurre le riforme per cercare di realizzare il “socialismo dal volto umano”.

Il successo delle riformo introdotte molto rapidamente nei primi mesi del ´68 non fu solo di Dubček, ma dell’ala riformista dei comunisti cecoslovacchi che gradualmente presero il potere sostituendo i precedenti membri conservatori. Non si può tuttavia dimenticare, che tra gli stessi riformisti, vi furono anche persone che dopo l’invasione dell’agosto del 68, rinnegarono le riforme per riportare il paese alla normalità. Tra questi, il più celebre fu il futuro presidente del partito nonché´ presidente Cecoslovacco Gustav Husák, definito non a caso come un comunista pragmatico.

Alexander Dubček non ha mai rinnegato la sua fede politica comunista/socialista e dopo la rivoluzione di velluto del 1989, entrò a far parte del partito socialdemocratico.

2. Dubček – un ingenuo sognatore

Nella valutazione obbiettiva di questo personaggio, occorre tenere conto del fatto che la sua carriera politica ebbe origine nel secondo dopoguerra, negli anni in cui i comunisti presero il potere con metodi assai poco democratici, e consolidarono la propria posizione con epurazioni importanti dei possibili oppositori, nonché anche al proprio interno.

Dubček trovò spazio per fare carriera, e naturalmente affermarsi anche contro avversari politici di partito, avendo la meglio -non ultimo il menzionato segretario del partito comunista cecoslovacco uscente Novotny (nonché´ presidente cecoslovacco), che nei mesi successivi venne addirittura espulso dal partito.

Sempre con il sorriso sulle labbra, non conflittuale, amato dalla gente, Dubcek rappresentava agli occhi degli elettori del partito il giusto compromesso tra riformisti e conservatori. In realtà, da solo avrebbe potuto ben poco. Il suo avvento al potere all’interno del partito era accompagnato da vari riformisti, che prevalsero sull’ala conservatrice del partito ed avviarono importanti riforme.

In effetti, i riformisti proposero al comitato centrale del partito nell’aprile del 68 un manifesto politico che si basava su alcuni pilastri riformisti che proponevano

  • una propria strada al socialismo
  • maggiore potere agli organi statali
  • la libertà di parola
  • la riforma economica
  • la federalizzazione della Cecoslovacchia

Questo manifesto fu approvato e nelle settimane a seguire vi fu un forte fermento. Di fatto si introdusse la libertà di parola, si andò a revisionare la politica di partito degli anni Cinquanta evidenziando i gravi errori, si permise la nascita di organizzazioni politiche che sostavano la democrazia e la aggregazione tra le persone.

Forse Dubček fu ingenuo nel ritenere che Mosca e gli alleati del patto di Varsavia non intervenissero a seguito delle riforme introdotte. Nel corso del 68 vi furono diversi incontri e riunioni tra le parti, dove Dubček venne ripreso e invitato a ripristinare lo stato delle cose secondo le aspettative di Leonid Breznev e degli altri alleati. Non fu solo l’Unione Sovietica ad essere preoccupata di questo nuovo decorso, ma anche i paesi del patto di Varsavia – specie quelli limitrofi – che temevano che questo riformismo potesse prendere piede anche nei loro Stati.

Furono dati vari segnali a Dubček che la pazienza stava per terminare, non ultimo durante lo storico incontro dei primi di agosto del 68 a Čierna nad Tisou.

Avendo avviato le riforme, Dubček e tutti i riformisti si potrebbero essere trovati nella situazione di non avere idea di come annullare le concessioni democratiche. Probabilmente, loro stessi furono sorpresi dalla rapidità di intervento delle armate sovietiche e dei paesi del patto.

Con il senno del poi, furono ingenui nel non comprendere che l’invasione della Cecoslovacchia si stava preparando già da diversi mesi. Questo aspetto fu dimostrato dalla massiccia capacità di intervento e dall’immediata occupazione dei centri di potere da parte dei militari sovietici.

3. Dubček – un politico debole

Questa affermazione nasce certamente dalla situazione politica successiva all’invasione sovietica dell’agosto del 68, ed alle posizioni che Dubček ha assunto in determinate situazioni.

L’intelligenza politica di Mosca fu quella di non liquidare la figura di Dubček immediatamente, ma di lasciarlo comunque attivo in politica per un ulteriore anno, costringendolo ad attuare le misure di ripristino del regime, che poi portarono al successivo periodo denominato della “normalizzazione”.

Dubček, fino all’estate del 68 era al top delle preferenze politiche non solo di partito, ma del popolo cecoslovacco. Oltre ad introdurre delle riforme democratiche, si presentava al pubblico con il proprio sorriso e gli occhi socchiusi che sembravano sorridere. Si presentava “umano”, molto distante dagli uomini di partito a cui si era abituati. Questa sua immagine, di uomo del popolo, che amava incontrare la gente, era entrata nel cuore dei cecoslovacchi e non solo. Anche i media occidentali avevano notato questo personaggio.

Un primo piano di Alexander Dubček

Una rapida eliminazione di Dubček avrebbe potuto avere conseguenze rischiose creando ulteriori tensioni, e l’URSS si sarebbe trovata a dover affrontare critiche internazionali ancora più pesanti di quelle che già si trovava a fronteggiare. In vari momenti Mosca fece capire che era poco propensa a spargimenti di sangue oltre a quelli che già stavano avvenendo.

La capitolazione politica di Dubček é certamente da far risalire ad un anno dalla invasione dei carri armati, quando nell’agosto del 1969 sottoscrisse quello che ancora oggi è conosciuto come “Pendrekový zákon”, ossia la legge federale di alcuni provvedimenti transitori per la tutela dell´ordine pubblico, che di fatto fu la legge che consentì di imprigionare migliaia di manifestanti, di espellerli dalle attività lavorative, o dalle scuole e di limitare le organizzazioni civili.

Dubček stesso, in varie occasioni, anche a distanza di anni, ha reputato questo gesto come un errore politico imperdonabile e del quale ha sempre espresso un vivo rammarico.

Nei mesi precedenti, tuttavia, aveva dovuto assistere all’uscita indotta di molte figure chiave della Primavera di Praga, alcuni riformisti si dimisero volontariamente ed emigrarono, altri furono oggetto di una politica denigratoria volta a screditarli. Il Governo fu costretto a sottoscrivere un accordo di soggiorno temporaneo dei militari sovietici sul territorio cecoslovacco. Per le strade le proteste furono gradualmente sedate, spesso con violenza. La polizia segreta stava riprendendo forza e reintroducendo metodi totalitari nel controllo delle persone. A fine gennaio del 69, il mondo intero fu scosso dal gesto di un giovane studente universitario, Jan Palach, che si tolse la vita immolandosi. L’intera drammatica aggressione che stava opprimendo la Cecoslovacchia era racchiusa in quel drammatico gesto.

In questo contesto, Dubček, ricopriva ancora un ruolo politico attivo, pur senza particolari ambizioni, ma che logorava la sua popolarità. In fondo, non si era mai apertamente schierato contro l’invasore.

Potrebbe averlo fatto per senso di responsabilità, per evitare una guerra civile e ulteriori morti. Tuttavia, agli occhi della gente, emergeva la sua debolezza.

4. Dubček – il ventennio dell’oblio ed il ritorno

Il 24 settembre 1969 il direttivo del partito comunista decise la revoca di Dubček dalla funzione di presidente della assemblea federale e la nomina ad ambasciatore in Turchia, nomina poi ratificata a dicembre dello stesso anno dallo stesso presidente. Ad Ankara rimase solo un anno, per poi rientrare in patria, essere espulso dal partito comunista cecoslovacco ed infine essere riposto in funzioni secondarie di carattere regionale dove volutamente fu emarginato dalla vita sociale e politica (Nel 1970-1985 Dubček ha lavorato per le Foreste di Stato della Slovacchia occidentale a Bratislava Krasňany).

Pur rappresentando sempre un potenziale rischio, i servizi segreti Stb probabilmente non ebbero problemi nella gestione di Alexander Dubček in quanto non divenne mai apertamente un dissidente.

Il suo ritorno alla politica attiva risale al novembre del 1989, ai primi giorni della rivoluzione di velluto, dove fu acclamato dai manifestanti e invitato dallo stesso Havel. Tuttavia, come già detto in apertura, la candidatura a presidente dello stato cecoslovacco venne rapidamente esclusa a priori, ma gli fu assegnata la presidenza dell’assemblea federale della neonata democrazia, vista l’immagine pulita e molto apprezzata in Occidente. Questo incarico lo coprì fino alla morte, avvenuta nel settembre del 1992 a seguito di un incidente automobilistico sull’autostrada D1 tra Praga e Brno.

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Economia Politica Storia

Il grande furto nel nome del popolo lavoratore – la riforma monetaria del 1953 in Cecoslovacchia

Veder sparire quasi tutti i risparmi familiari di una vita in una sola notte, ritrovarsi a maneggiare nuovi tagli di denaro dal giorno successivo senza alcuna preparazione, non poter protestare nelle strade per questa ingiustizia… anche questo accadde nel dopoguerra cecoslovacco.

Scenari quasi impossibili da immaginare oggi, eppure accaddero davvero e la popolazione dovette adeguarsi per sopravvivere, forse memore dello grande spirito di adattamento avuto durante l’occupazione nazista.

Siamo nella Cecoslovacchia socialista nel pieno della crisi del dopoguerra, dopo che nel 1948 il regime comunista ha preso il sopravvento sui partiti democratici. Nel primo quinquennio della programmazione economica di partito si puntò molto all’industria pesante, tuttavia, l’economia stentava a ripartire e la popolazione aveva forti carenze di beni di prima necessità. Esisteva ancora un razionamento alimentare, continuavano ad essere utilizzate le carte annonarie, il mercato nero era molto diffuso con prezzi decisamente più elevati rispetto a quelli ufficiali, risultando di fatto fuori controllo.

Il debito statale era crescente, non solo per i debiti di guerra che continuavano a sussistere, ma anche per la notevole spesa pubblica che si stava sostenendo per la conversione dell’economia dal sistema capitalistico a quello socialista.

Nel maggio del 1953 si iniziarono a diffondere notizie su una possibile riforma monetaria che avrebbe portato a logorare i risparmi dei cittadini.

Per questo motivo, diversi negozi furono presi d´assalto con lunghe code, nel tentativo di spendere il „vecchio“ denaro, che a breve si sarebbe potuto svalutare.

Nemmeno l’intervento del presidente cecoslovacco Zapotocky, che assicurò la pubblica opinione che non sarebbe accaduto nulla pochi giorni della riforma, servì per placare gli animi. Le persone erano molto diffidenti, ed effettivamente non sbagliarono.

Il 30 maggio 1953, il Governo annunciò senza alcun preavviso l’introduzione della riforma monetaria a partire dal giorno successivo. Lo fece alle ore 17, dopo che i negozi, banche ed uffici erano già stati chiusi.

Retribuzioni, pensioni e prezzi furono ridotti d’ufficio nel rapporto 5 a 1 (ossia per 5 vecchie corone cecoslovacche, si otteneva una corona cecoslovacca nuova). La liquidità fino a 300 corone (lo stipendio medio si aggirava attorno alle 1.100 corone, giusto per avere idea del parametro) si poté cambiare secondo il rapporto 5 a 1, oltre questo ammontare, il rapporto passava per gradi fino ad arrivare al massimo di 50 a 1.

Sempre al cambio 50:1 fu destinato il denaro delle persone giuridiche che eccedeva le ultime retribuzioni saldate. Parimenti, furono di fatto annullati tutti i debiti di Stato ed altri strumenti finanziari emessi a partire dal 1945. I risparmi, le assicurazioni previdenziali e similari, furono cancellati definitivamente.

In macro-numeri, la liquidità totale disponibile sul mercato, fu mediamente cambiato secondo il rapporto 37:1. Il cambio della corona cecoslovacca fu ancorato al rublo russo, ritenuto molto più stabile.

La riforma monetaria fu presentata come una „vittoria del popolo lavoratore “, agli occhi di gran parte della pubblica opinione apparve tuttavia come un grande furto.

Il regime sancì il supporto delle milizie per mantenere l’ordine pubblico. Le proteste popolari furono prontamente stroncate con l’interventismo tipico delle forze di polizia. Pur essendoci un disaccordo diffuso, poche persone lo manifestarono apertamente. Prontamente furono imprigionate e malmenate.

Per effetto di questa riforma monetaria non annunciata e discussa in precedenza, il Fondo Monetario Internazionale arrivò ad espellere la Cecoslovacchia.

Questo fu l’ultimo passaggio che fece sparire definitivamente la borghesia imprenditrice, la fascia media tipica dei paesi capitalistici. L’intera nazione di fatto si impoverì, diverse fonti parlano di bancarotta dello Stato cecoslovacco.

Per riassumere quanto già scritto in precedenza tra le righe, la riforma monetaria del 1953 fu un passaggio indispensabile per portare l’economia ad un sistema socialista. I motivi principali furono:

  • Necessità di controllare la quantità di denaro sul mercato, per bloccare le spinte inflattive ed il mercato nero che aveva preso il sopravvento anche negli anni del dopoguerra. In generale, la paura degli economi comunisti, era che la gente utilizzasse i risparmi per acquistare i beni, anche di prima necessità, creando poi un grave problema sociale se tale merce, già scarseggiante, ad un tratto fosse sparita dal mercato.
  • Necessità di ridurre il debito statale. Una nota: non furono annullati i debiti internazionali, che comunque restavano in valuta, ma furono annullati i debiti interni.
  • Necessità di annientare definitivamente la media borghesia, che dal punto di vista politico rappresentava una spina nel fianco, viste le simpatie verso i sistemi capitalistici.

I risultati attesi furono raggiunti in maniera limitata.

il mercato nero – pur non essendo debellato del tutto – perse di importanza, tuttavia, la riforma monetaria non cancellò un innalzamento dei prezzi che continuò anche negli anni successivi, in particolare sui beni di prima necessità (in proporzione, si riusciva ad acquistare meno prodotto a parità di retribuzione confrontando gli anni antecedenti il 1953 e quelli successivi).

Il debito statale fu cancellato a discapito dei risparmiatori nazionali, tuttavia, da un punto di vista internazionale, la Cecoslovacchia perse di credibilità, spostandola sempre più sotto il baricentro sovietico.

La media borghesia imprenditoriale fu effettivamente debellata, oppure costretta a migrare, dall’altra parte, alcune figure di partito seppero approfittare di questa situazione per arricchirsi, e quindi creare le basi per l’oligarchia tipica dei regimi dittatoriali.

I politici comunisti si resero tuttavia conto che non potevano puntare solo su un’economia pesante ed industriale, ma dovevano spostare la produzione anche sui beni di consumo e soprattutto sui beni di prima necessità, per avere un sufficiente sostegno popolare. I piani quinquennali programmatici successivi non poterono fare a meno di tenere presente questi importanti aspetti.

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Politica Storia

Le teorie cospiratorie della “rivoluzione di velluto cecoslovacca” del 1989

Capita spesso di sentire delle frasi, oppure dei post o degli articoli, che lasciano intendere che la Rivoluzione di Velluto Cecoslovacca, che ebbe inizio il 17.11.1989 e portò alla democratizzazione di un regime fino ad allora totalitario, fu frutto di una cospirazione programmata, di un complotto.

Quest’articolo ha lo scopo di riepilogare queste teorie, per quanto possibile di valutarne il fondamento minimo, ma soprattutto di dimostrare come queste teorie abbiano lo scopo di sminuire l´importanza di un evento storico che portò alla libertà di un popolo e pertanto sono decisamente quello che con i termini moderni di oggi viene definito come fake news.

Teoria cospiratoria 1 – Rivoluzione programmata a tavolino – La rivoluzione di velluto, viene definita di velluto in quanto non arrivò a scontri mortali, a carneficine e successivamente non ebbero luogo tribunali inquisitori volti a giudicare i membri dell´uscente apparato comunista. Proprio per questo motivo – recitano alcune teorie cospiratorie – è la dimostrazione che fu tutto programmato a tavolino.

Risposta alla teoria cospiratoria n. 1 – In realtá, la rivoluzione ha inizio con uno scontro molto violento nella via Narodni Třída di Praga, tra gli studenti e le forze dell´ordine che per l´occasione presentano anche milizie speciali appositamente addestrate. Il corteo studentesco fu circondato e gradualmente stretto nella morsa nella via chiusa. Fu solo fortuna che non vi furono morti o feriti gravi. Il sussegurisi degli eventi nei gironi successivi, ad iniziare dagli scioperi generali ed alle manifestazioni di piazza, cosí come le rapide dimissioni tra i membri politici e di partito, dimostrano che gli eventi non erano programmati a tavolino, ma furono il frutto di graduali accordi presi tra il Governo comunista ed i politici emergenti rientranti nel partito Občanský forům. Negli eventi di quel periodo, che interessarono anche gli altri paesi del Patto di Varsavia, fu decisivo il fatto che l´Unione Sovietica non fosse in grado di intervenire, evitando situazioni che si erano già verificate in precedenza nel 1956 (Ungheria), 1968 (Cecoslovacchia) e negli anni 80 in Polonia.

Teoria cospiratoria n. 2 – teoria di Miroslav Dolejš – il passaggio del regime fu programmato con largo anticipo, e gestito da alcuni figli di comunisti che hanno potuto studiare all´estero, dagli ebrei e da alcuni massoni. Vaclav Havel non fu che un burattino e Charta 77 non fu che una prima programmazione nell´intento di arrivare alla rivoluzione pilotata.

Risposta alla teoria cospiratoria n. 2Anche in questo caso, questa teoria non ha alcun fondamento.

Gli stessi gerarchi di partito furono sorpresi dagli eventi e dalla rapida caduta del regime. Certamente, era del tutto naturale che le persone istruite seppero approfittare delle opportunitá che la nuova situazione offriva, tuttavia, sostenere che vi fosse una cospirazione programmata a priori, é veramente poco improbabile. Come in tutte le situazioni, anche in altre parti del mondo, le cospirazioni sono frutto degli ebrei, considerati avidi e spregiudicati, e dai massoni. Gli ebrei, nella Cecoslovacchia comunista non ebbero vita facile e non é immaginabile che organizzassero la cospirazione a priori. La massoneria durante il periodo nazista prima, e poi quello comunista, non é potuta esistere in Cecoslovacchia, pertanto, non esisteva pressoché alcun punto di riferimento che potesse capeggiare queste trame.

E´ indubbio, infine, che coloro che hanno sottoscritto il documento Charta 77, siano stati oggetto di ritorsioni politiche e controlli degli organi di sorveglianza della polizia segreta, al punto che alcuni esponenti furono anche imprigionati ed altri emigrarono clandestinamente. Sostenere che Charta 77 rientrasse tra gli strumenti programmati per arrivare alla caduta del regime stesso, é un misero tentativo di sminuire il gesto eroico dei segnatari. Parimenti, la figura di Vaclav Havel, non fu una figura di burattino, ma rappresentò la persona scelta dal popolo e non da possibili cospiratori.

Teoria cospiratoria n. 3 – i servizi segreti cecoslovacchi (STB) organizzarono il cambio di regime, con il benestare della CIA americana.

Risposta alla teoria cospiratoria n. 3i servizi segreti cecoslovacchi (STB) furono sorpresi dal rapido susseguirsi degli eventi, al punto che é risaputo che molti documenti ritenuti compromettenti furono fatti sparire nel mese di dicembre 1989 e nei primi mesi del 90. Se avessero organizzato questo cambio di regime, avrebbero gestito la cosa molto piú tranquillamente, ed i documenti che sarebbero spariti sarebbero stati probabilmente molti di piú e soprattutto scelti per celare i nomi dei collaboratori – nomi che invece furono costretti a rendere pubblici negli anni a seguire e che tuttora sono accessibili.

Per quanto riguarda la CIA, la Cecoslovacchia é sempre stata un paese di confine e pertanto ancora oggi ritenuto strategico dai servizi segreti americani – e non solo – ma é altamente improbabile che potesse esistere una collaborazione con i servizi segreti cecoslovacchi su questo tema.

Teoria cospiratoria n. 4 – i servizi segreti cecoslovacchi (STB) manipolarono la manifestazione del 17 novembre 1989 volutamente, per creare scontri ed avviare rapidamente un passaggio del regime.

Risposta alla teoria cospiratoria n. 4 non vi é alcun dubbio che i servizi segreti cecoslovacchi avessero delle persone infiltrate nella manifestazione organizzata dagli studenti in occasione dei cinquanta anni dalla morte dello studente Opletal per opera del regime nazista. Giá negli anni precedenti, i servizi segreti infiltravano persone nei movimenti studenteschi di protesta. Tuttavia, questi infiltrati avevano prevalentemente il compito di osservare ed individuare i nemici di partito da arrestare o segnalare. Resta un dato di fatto, inoltre, che questa manifestazione vide una partecipazione massiccia inaspettata, anche da parte degli stessi organi di polizia.

Teoria cospiratoria n. 5 – Dopo la manifestazione del 17 novembre 1989 la stampa nazionale ed internazionale diede risalto alla morte di uno studente, di nome Martin Šmid, che sarebbe rimasto ucciso durante gli scontri. La notizia nei giorni successivi si riveló infondata, ma fu dato risalto a questa fake news per condizionare la pubblica opinione.

Risposta alla teoria cospiratoria n. 5 nelle ore successive agli scontri sulla via Narodní, si diffuse effettivamente la notizia della possibile morte di Martin Šmid, studente della facoltá di Matematica alla Karlova Univerzita di Praga. Sarebbe stata la portinaia dello studentato di Praga Troja, la signora Drahomira Dražská a diffondere questa notizia. Una persona effettivamente restó a terra dopo gli scontri, ma in seguito si scoprí che si trattava di un infiltrato dei servizi segreti STB il tenente Ludvík Zifčák, con nome operativo Martin Ruzicka, che rimase a terra svenuto per alcuni minuti a seguito di una botta alla testa e poi venne caricato in ambulanza. Varie speculazioni, nei mesi successivi, lasciavano intedere che il tenente Zifčák abbia finto lo svenimento appositamente, ma si sono poi dimostrate infondate anche per testimonianza delle persone coinvolte.

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I cittadini cecoslovacchi nel 1989 – ricordando la rivoluzione di velluto che ebbe inizio il 17.11.1989

Per gran parte dei cittadini cecoslovacchi, la giornata del 17.11.1989 non si caratterizzava per peculiarità diverse rispetto ai consueti venerdì: ci si apprestava al week end autunnale, alle spese correnti per la famiglia, al viaggio per andare alla chata e fare i lavori in giardino antecedenti l´inverno. Il tempo quel giorno era tipicamente autunnale, temperatura poco sopra lo zero durante il giorno, cielo plumbeo. Nell´aria c´era l´odore del carbone, la fonte primaria per il riscaldamento. Quanto inquinamento nell´aria, era visibile agli occhi di tutti un graduale degrado della situazione ambientale negli anni ottanta: non era possibile non scorgere le chiazze di olio e sporcizia sul fiume Vltava (Moldava, n.d.r.). Certamente, gli avvenimenti degli ultimi mesi, dove si era diffusa la notizia di aperture di confini in Ungheria, e soprattutto le vicende di pochi giorni prima di Berlino (al 9 novembre si fa risalire la caduta del muro), stimolavano vari pensieri nelle menti delle persone. Era anche risaputo che il movimento avviato da Gorbaciov, la perestrojka, per riammodernare l´URSS, stava dando risultati scadenti e i russi si erano certamente impoveriti, mancando addirittura beni di prima necessità. Come in tutti gli eventi storici, durante un certo periodo di cambiamento, non sempre si colgono immediatamente le conseguenze di certe situazioni, e le correlazioni, che solo in seguito, a mente fredda, si riescono a ristabilire spesso trovando un filo comune. Le notizie che tuttavia arrivarono dai media occidentali e dal passaparola, fecero capire la portata degli incidenti che avvennero nella via Narodni nelle ore serali di quel 17 novembre. Inizialmente non era chiaro se c´erano state delle vittime, ma certamente fu chiaro che le forze di polizia speciali attuarono una violenta repressione della manifestazione degli studenti che aveva la sola finalità di ricordare gli studenti trucidati e le repressioni avviate dal regime nazista cinquanta anni prima. In quella piazza c´erano solo dei ragazzi, senza armi, per quale motivo si attuo una repressione brutale? Nelle ore a seguire, il silenzio imbarazzante dei media di stato, le condanne burocratiche piene di paroloni di regime e l´inizio, nei giorni successivi, degli scioperi a cui seguirono le manifestazioni, l´arrivo di Havel. Questa fu la prima notizia ufficiale degli eventi del 17 novembre, che fu trasmessa solo il giorno 24.11: L´aria autunnale stava arrivando per ribaltare certi dogmi che parevano intoccabili, il cittadino normale assistette a questi eventi, facendosi trascinare dall´entusiasmo, ma anche continuando il suo quotidiano, fatto di lavoro, di preoccupazioni per la famiglia, di una birra tra amici – attori felici di un vento nuovo, ma saldamente con i piedi per terra per non perdersi in inutili illusioni e attese. In fondo, il sarcasmo e la disillusione ceca, avevano consentito di preservare l´identità nazionale anche nei momenti più bui.
L´organizzazione della manifestazione del 17.11.1989 venne fatta tramite un volantino i cui contenuti sono riportati in questa immagine dal tiolo “prendete con voi un fiore ed una candela!”
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SAMIZDAT – la scrittura clandestina nei regimi totalitari

La fonetica di questa parola di origine slava, non appare delle piú piacevoli. I samizdat furono scritti di “edizione propria”, come dice la parola stessa, e rappresentarono una vera e propria spina nel fianco dei regimi totalitari ed un modo per diffondere tra le persone gli scritti di natura politica, letteraria e poetica soggetti a potenziale censura e divieto di diffusione.

VZDOR – divieto esplicito di fare ulteriori copie scrivendo a mano

In Repubblica Ceca, i samizdat furono raccolti a migliaia successivamente alla Rivoluzione di Velluto del 1989. Nacquero varie organizzazioni dedicate al tema in questione, tra questi é da menzionare certamente la libreria Libri Prohibiti che tuttora promuove attivamente il ricordo di questo movimento che alla base aveva la libertá di espressione e di opinione. La raccolta comprende migliaia di scritti, foto e video. I samizdat ricoprono anche un ruolo importante negli archivi storici statali.

Il classico samizdat scritto a macchina

Si trattava di produzioni autonome, spesso scritte tramite una macchina da scrivere utilizzando la carta carbone, dove non era presente la censura, e venivano diffusi in ambienti amici, in quanto il rischio di essere colti in flagrante non era da trascurare. Soprattutto, l´efficiente sistema di spie che il regime poliziesco aveva, era alla costante ricerca di individuare i fautori di ideali contrari.

Lo scritto artigianale, prodotto in poche copie in casa, rappresenta il classico samizdat. Tuttavia, non furono poche le stamperie che in via illegale ed abusiva, stampavano scritti di varia natura ed addirittura riuscivano a coordinarsi con editori esteri che pubblicavano in contemporanea gli scritti nel mondo occidentale.

I samizdat potevano avere anche la forma di un rivista periodica. La testata giornalistica odierna denominata Lidové Noviny fu pubblicata per la prima volta ancora nel 1988, e nel primo numero fu presentato un articolo di Vaclav Havel, drammaturgo perseguitato dal regime che poi divenne presidente della Cecoslovacchia. La prima tiratura fu di 350 copie. Altre riviste importanti in Cecoslovacchia furono Kritický sborník, Revolver Revue, Střední Evropa, Vokno, Pražské komunikace. Indubbiamo, la pubblicazione di Charta 77, rappresento un importante impulso alla diffusione dei samizdat, anche se questa non rientra in questa categoria di scritti (in quanto fu sottoscritta da molte personalitá e volutamente resa pubblica).

Rientravano nei samizdat anche i testi delle canzoni (le canzoni di Karel Kryl e di altri cantautori censurati), le opere letterarie vietate (1984 di Orwell ad esempio), i libri pubblicati dai dissidenti emigrati (Bohumil Hrabal, Milan Kundera, Vaculik, Seifert), le opere e gli scritti di persone perseguitate ed incarcerate dal regime (Václav Havel). Anche gli scritti di natura religiosa potevano essere oggetto di una diffusione clandestina.

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Rivoluzione di velluto del 1989 – come si sono modificati i nomi di vie, piazze e stazioni di metró a Praga.

Uno dei tanti effetti generati dalla rivoluzione di velluto del 1989, implicó anche la modifica di nomi di strade, piazze, stazioni della metró, scuole ed altri spazi pubblici che evocavano nomi, slogan e personaggi del regime precedente.

In realtá si trattó di un processo che duró diversi anni. Nacque anche una associazione indipendente di volontari per la modifica dei nomi di strade e spazi pubblici giá nel dicembre del 1989.

Alcune variazioni furono spontaneamente proposte dalle persone. É il caso di piazza dell´Armata rossa (denominata náměsti Krásnoarmějců in ceco) che divenne nel corso di una notte la piazza di Jan Palach (Náměstí Jana Palacha, nel pieno centro di Praga 1) per semplice iniziativa popolare.

Ben otto denominazioni di stazioni della metró furono cambiate: l´attuale Dejvická si chiamava Leninova, la frequentatissima stazione di Florenc era chiamata Sokolovská, Jinonice si chiamava Švermova, Nové Butovice era Dukelská, Nádraží Holešovice era denominata Fučíkova. In ricordo del primo presidente della Cecoslovacchia socialista Klement Gottwald, la stazione che conosciamo oggi come Vyšehrad si chiamava Gottwaldová. Pankrác si chiamava Mládežnícká, Roztyly aveva il nome di Primátora Vacka. L´attuale Chodov era denominata Budovatelů, Opatov era Družby e Háje aveva un nostrano nome in ricordo dei cosmonauti (Kosmonautů).

Tuttavia, il cambio di nome non fu solo un effetto del dopo ´89. Vinohradská, la grande arteria che attraversa Praga 2, ha questo nome dal 1962. Prima si chiamava Stalinová, ma proprio nel 1962, il culto del leader sovietico inizió ad appannarsi. In realtá a Praga Stalinová continuó ad esistere, ma nel nuovo quartiere di Chodov (attualmente la via si chiama Starochodovská).

Kubanské náměstí (piazza Cuba) a Praga 10, durante il regime si chiamava Kubanská revoluce (piazza della rivoluzione cubana) in memoria della vittoria del rivoluzionario Fidel Castro.

Nábřeží Bedřicha Engelse (corso lungo fiume Fredrick Engels) riprese dopo l´89 il nome di Rašinovo Nábřeží – denominazione che fu modificata nel 1951.

La piazza della rivoluzione di ottobre (náměstí říjnové revoluce) oggi si chiama Vítěžné náměstí (piazza della Vittoria). Tuttavia, nel gergo comune dei praghesi, questa piazza viene denominata sempre “kulaták”, in funzione della enorme rotonda che la caratterizza.

Oggi a Praga 6 troviamo anche via Patočková, in ricordo del filosofo ceco e fondatore di Charta 77 Jan Patočka. Durante il periodo comunista, si chiamava ulice Pionýrů (la via dei pionieri).

Denominata oggi ulice Milady Horákové, in ricordo della politica giurista Milada Horáková simbolo della resistenza al nazismo e successivamente al comunismo – poi incredibilmente condannata a morte da un processo farsa imbastito dal regime comunista nei primi anni 50 – durante il periodo comunista la via assunse il nome di ulice Obránce míru (via dei difensori della pace).

L´odierno Most legií (il ponte delle legioni), dal 1960 al 1990 era denominato Most 1. máje (ponte del primo maggio). La via Eliášova, fino al 1991 si chiamava via delle guardie di frontiera. La grande strada di Praga 7, Evropská, modificó varie volte il proprio nome, ma dal 1967 fino al 1991 si chiamó Leninová.

La caduta del regime vide la riabilitazione del primo presidente della Cecoslovacchia nata nel 1918, Tomáš Garrigue Masaryk. Centinaia di scuole sono denominate in ricordo di questo personaggio della storia ceca, ed esiste anche una importante stazione dei treni, sita in Praga 1, che si chiama Stazione di Masaryk (Masarykovó nádráží).

Infine, nel 2012, poco dopo la morte del drammaturgo, politico ed ex presidente ceco Václav Havel, su proposta di un importante regista, Fero Fenič, si decise in tempi rapidi di modificare il nome dell´aeroporto fino ad allora denominato Ruzyně, in aeroporto di Václav Havel (letiště Václava Havla).

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La vita in Cecoslovacchia al tempo del comunismo

Spesso mi viene domandato di raccontare come si viveva ai tempi del comunismo a Praga, ed in generale in Cecoslovacchia.

Mi limito a fornire delle informazioni sulla base della mia esperienza e per quanto ho potuto capire successivamente, studiando maggiormente la storia del paese.

A tre anni dalla pubblicazione di questo articolo, ho ricevuto diversi ringraziamenti, ma anche qualche critica. Ho cercato volutamente di non inserire dei giudizi politici, e quanto riportato è ampiamente confermato da diverse fonti oltre che da quanto ho vissuto direttamente.

Una precisazione: parlare di comunismo non è del tutto esatto, in quanto sarebbe più corretto parlare di socialismo, come di un periodo di passaggio verso una organizzazione comunista vera e propria che però non è mai stato possibile realizzare (nemmeno nell’Unione Sovietica). In ogni caso, per semplicità riporto la parola “comunismo”, data la diffusione comune del termine.

Sono consapevole che le mie percezioni siano state caratterizzate dalla condizione privilegiata nata dal vivere stabilmente in Italia, ma ho avuto anche la fortuna di visitare i parenti che abitavano a Praga per circa due mesi all’anno tutti gli anni fino al 1989. Occorre premettere che non ho mai risentito di problemi economici e di reperimento di materie per una alimentazione di base; certamente, specie con l’adolescenza, iniziai a notare che non era possibile trovare nei negozi tutta la gamma di prodotti a cui eravamo abituati in Italia.

  • Mancanza di libertà e l’informazione distorta

Ogni regime dittatoriale porta inevitabilmente alla repressione della libertà dell’individuo.

“La pressione che un moderno Stato totalitario può esercitare sull’individuo è paurosa. Le sue armi sono sostanzialmente tre: la propaganda diretta, o camuffata da educazione, da istruzione, da cultura popolare; lo sbarramento opposto al pluralismo delle informazioni; il terrore.” (cit. da “I sommersi e i salvati” di Primo Levi).

La censura riguardò tutti gli strumenti di comunicazione di massa: radio, televisione, libri, quotidiani e periodici. In generale tutti i media erano controllati in maniera pressoché totale.

Diversi libri e romanzi occidentali non erano permessi. Gran parte della popolazione ascoltava segretamente le onde radio trasmesse da Radio Europa Libera, lo strumento di propaganda occidentale sulle onde di modulazione d’ampiezza AM che trasmetteva da Monaco di Baviera. L’ascolto era vietato, pertanto occorreva essere molto cauti e solitamente, si ascoltava la sera o la notte.

La televisione aveva due canali, il primo ed il secondo. L´ intervento politico su questo media era importante, per cui diversi programma parlavano del comunismo, della storia degli uomini di partito comunisti, dell’URSS e degli altri paesi del blocco sovietico. I notiziari dedicavano ampi spazi all’elogio dei successi economici, produttivi, agricoli della nazione, sfoderando dati ottimistici. Non si perdeva occasione per parlare dei guai delle economie e delle società occidentali: la corruzione, i disordini sociali, la povertà, le droghe, e così via.

La libera espressione delle proprie idee non era concessa e determinati argomenti si potevano affrontare solo in un gruppo ristretto di amici fidati, parlando sottovoce e stando molto attenti. Esistevano pubblicazioni clandestine di produzione casalinga– i samizdat a cui ho dedicato un articolo a parte – che consentivano di trasmettere idee, poesie e racconti inneggianti alla libertà. Solamente in determinati luoghi ed in determinati contesti si discuteva di politica (come nelle hospoda – birrerie), ma sempre in maniera molto accorta.

I servizi segreti nella veste di polizia politica della Cecoslovacchia (denominata STB), il sistema capillare di spie e il controllo dell’ordine pubblico attraverso le forze di polizia (VB – veřejná bezpečnost), oltre che instaurare un regime di terrore, portarono ad un disinteresse alla politica attiva, in quanto si era persa la speranza di cambiamento – specie dopo la repressione della Primavera di Praga del 1968.

Un ruolo importante fu svolto da diversi ambienti culturali teatrali (in definitiva anche Václav Havel, primo presidente dopo la caduta del regime, fu un drammaturgo), dove in determinati momenti storici, l’opposizione al regime dittatoriale fu netta e determinata a sostegno dei movimenti studenteschi.

Nel corso dei 40 anni, l’oppressione della libertà non fu sempre costante, si alternarono periodi molto duri (come ad esempio dopo il 1948 o nel periodo della normalizzazione degli anni 70) a periodi più miti (ad esempio negli anni antecedenti la primavera di Praga del 1968 o la progressiva apertura nel corso degli anni 80).

Ricordo chiaramente, come il solo arrivo di una automobile della polizia VB, comportava un fuggi fuggi generale ed uno spiare dalla finestra i loro movimenti.

Le persone apertamente schierate contro il regime, definite come dissidenti, erano oggetto di frequenti arresti, perquisizioni, e naturalmente erano monitorate dai servizi segreti di Stato. Spesso venivano anche costrette ad emigrare, anche se l’atteggiamento principale era quello di degradare al massimo la persona, e tutti i suoi familiari, cercando di portarla all’oblio. Emblematico il caso dell´atleta Věra Čáslavská a cui ho dedicato un articolo.

In effetti, in fasi alterne, i nemici dello Stato non furono solo i dissidenti, ma addirittura furono fatte varie epurazioni interne ai membri del partito comunista stesso, con metodi di tortura, degrado morale e violenza fino alla pena di morte, specie negli anni 50.

Il 27 giugno di ogni anno, si celebra la giornata delle vittime del comunismo: questa data ricorda la pena di morte inflitta alla giurista politica Milada Horáková il giorno 27 giugno 1950.

L’epurato per eccellenza, simbolo della Primavera di Praga, fu Alexander Dubček, l’allora presidente del partito comunista cecoslovacco, fautore di un “socialismo dal volto umano”, che trovò epilogo nell’invasione delle truppe del patto di Varsavia, nell’agosto del ´68. Tuttavia, non fu che la punta di un iceberg: negli anni successivi, tutti i funzionari e coloro che avevano partecipato al processo di rinnovamento, vennero allontanati dal partito, persero il lavoro e non poterono più partecipare attivamente alla vita pubblica. Negli anni successivi a questi eventi, ben 620 mila iscritti al partito furono espulsi.

La presenza di un familiare dissidente o epurato, così come la presenza di familiari che erano emigrati fuggendo dal regime instaurato, comportava difficoltà per tutti i membri della famiglia rimasti: impossibilità di carriere lavorative se non addirittura posizioni lavorative degradanti, impossibilità di accedere a scuole o università per i figli, impossibilità di viaggiare verso altri paesi.

Forse come conseguenza di questo sistema autoalimentato basato sul terrore, esisteva anche una invidia mista all’odio tra le persone, anche tra semplici vicini, che contribuiva ad amplificare gli effetti di questa situazione. Si tratta di un sentimento difficile da descrivere, ma di fatto rese i cecoslovacchi molto diffidenti tra loro, se non indifferenti.

Ancora oggi, sotto certi aspetti, permane questa misteriosa coltre di indifferenza e diffidenza. Demetrio Volčič – giornalista e scrittore – scrisse “Il silenzio, a Praga, non è un fenomeno raro…. in questi paesi in transizione, anche quando il sistema totalitario non esiste più. Le paure hanno percorsi strani, fiumi carsici, si vedono, spariscono, rispuntano e sono così più misteriosi…”

Il partito comunista cecoslovacco

Nonostante varie fasi alterne, come poc’anzi menzionato, il partito comunista cecoslovacco (KSČ) vantava 1,5 milioni di iscritti.

Spesso per poter trovare un lavoro in linea con le proprie aspirazioni e garantire un certo futuro alla propria famiglia si era costretti alla tessera di partito ed alla partecipazione alla vita politica attiva.

Tuttavia, è ovvio come tutto il sistema creato comportasse centinaia di migliaia di persone potenzialmente spie, per cui davvero non si era sicuri di nessuno. Inoltre, il solo fatto di avere la tessera di partito non garantiva alcuna tranquillità in quanto si era comunque un potenziale soggetto da tenere sotto osservazione.

legitimace KSČ

Oltre alla mancata libertà di espressione citata, esisteva anche una limitazione agli spostamenti: era possibile viaggiare abbastanza liberamente per turismo solo nei paesi alleati tramite un visto “výjezdní doložka”. Risale a quel periodo, anche la passione dei cecoslovacchi per il mare, grazie alla Jugoslavia e alla Bulgaria.

Non erano vietati i viaggi in Occidente, tuttavia occorreva richiedere un visto alle autorità locali e motivare il viaggio. Raramente veniva concesso il viaggio all’intera famiglia (le possibilità di emigrazione illegale si riduceva se si tratteneva un membro della famiglia a casa, consapevoli anche delle conseguenze che avrebbe potuto affrontare in caso di emigrazione di familiari).

Per i dissidenti ed i nemici del partito, qualsiasi espatrio, invece, era praticamente impossibile.

La proprietà privata non era permessa e pertanto anche la figura di imprenditori individuali praticamente non esisteva. Era consentita l’assegnazione di un terreno ai fini di consentire l’allevamento domestico e la coltivazione per usi familiari, così come negli anni ´80 divenne frequente l’attribuzione di terreni ai privati per le costruzioni di case che si potevano considerare proprie (le villette vanivano costruite direttamente dal cittadino, nel tempo libero, per cui la costruzione poteva durare anche diversi anni).

I programmi scolastici, oltre ad imporre l’insegnamento del russo obbligatorio dalla terza elementare, erano condizionati dalla visione della storia che il regime voleva diffondere tra le nuove generazioni.

L’associazionismo pubblico era propagato a tutte le fasce di età, come collante della identità socialistica e migliore difensore dei principi propagati.

Erano frequenti manifestazioni pubbliche volte a festeggiare le date importanti per la storia cecoslovacca e dell’URSS, con slogan volti a rimarcare i principi socialisti e di fratellanza tra i paesi dell’area socialista. Ogni buona famiglia, in queste ricorrenze, era raccomandata di appendere alle finestre le bandierine nazionali e quelle sovietiche. La partecipazione a questi eventi era ovviamente vista di buon occhio.

Ogni cinque anni si svolgeva la Spartakiada, un evento ginnico nazionale che coinvolgeva tutte le generazioni ed era il fiore all’occhiello del regime. In tutta la Cecoslovacchia si svolgevano eventi ginnici nei giorni programmati (l’ultima si tenne a fine giugno 1985). I numeri sono impressionanti: oltre 2 milioni di persone che si sono dedicati ad attività ginnica, il pubblico ha superato la cifra di 4 milioni di persone. Il principale programma si svolgeva allo stadio di Strahov, a Praga. Il video a questo link rende l’idea di cosa rappresentavano questi giochi.

La presenza di familiari che vivevano all’Occidente – seppur regolarmente emigrati, come nel mio caso – rappresentava di per sé un primo sospetto importante. La posta poteva essere oggetto di controlli da parte degli organi preposti, le telefonate potevano essere monitorate, occorreva cautela anche nei rapporti quotidiani con le persone.

Circolare con un’automobile occidentale a targa straniera, portava a due fenomeni che oggi fanno sorridere: l’ammirazione delle persone che si fermavano a guardare il mezzo nei minimi dettagli, ma anche le frequenti soste dovute ai controlli di Polizia che spesso e volentieri trovavano le peggiori scuse per appioppare una ammenda.

Era frequente, incrociando una automobile targata italiana, farsi le luci o il colpo di clacson di saluto. Questo per spiegare quanto fossero rari i connazionali in visita da queste parti. D’altra parte, per entrare nel paese i controlli doganali erano lunghi e noiosi, con ore di sosta e talvolta di preoccupazione in attesa che venissero restituiti i passaporti.

  • La piena occupazione, il lavoro, la casa per tutti e le vacanze.

Il “lavoro per tutti” si presta a varie interpretazioni politiche, specie nel confronto con l’epoca attuale.

Certamente, è un dato di fatto che i regimi comunisti andarono in crisi anche per la scarsa efficienza sul lavoro: la motivazione al lavoro era quasi assente. Le posizioni lavorative molto spesso non corrispondevano alle reali aspirazioni della persona, comportando forte demotivazione se non totale apatia al lavoro.

Le retribuzioni erano appianate, la meritocrazia era praticamente inesistente, e pertanto per poter arrotondare si vendevano prodotti di propria produzione (i prodotti agricoli e di allevamento che si ottenevano dall’orto) oppure si entrava a far parte più o meno direttamente del mondo illecito del cambio in nero e del mercato nero.

La valuta estera pregiata consentiva gli acquisti nella catena di negozi statali denominata Tuzex dove si potevano acquistare i prodotti occidentali tramite i c.d. bony (una forma di moneta cartacea creata appositamente per questi negozi) o tramite valuta estera. Ogni cittadino medio aveva il sogno di potersi recare per acquisti al Tuzex, dove era possibile acquistare anche auto occidentali.

tuzex

Per quanto ricordo, le professioni dove era possibile guadagnare maggiormente, erano quelle che comportavano i servizi ai turisti (tassisti, camerieri, service in hotel, in quanto consentivano l’accesso anche alla valuta estera, consentendo dei cambi in nero e guadagni nella speculazione della vendita di valuta a terzi).

Molto ambite erano anche le posizioni che comportavano la possibilità di viaggiare, come ad es. i manager di imprese statali che si dedicavano all’export ed in parte all’import, quelle di ambasciatori e funzionari di ambasciate. Anche lo sport consentiva di viaggiare legalmente e passare diversi periodi all’estero, per cui era molto praticato (nota è la celebre tennista Navratilová che emigrò illegalmente negli Stati Uniti oppure Ivan Lendl, originario di Ostrava che fu naturalizzato statunitense).

La situazione, come già accennato, comportava anche il sorgere del mercato nero, consentendo la possibilità di accedere a prodotti di migliore qualità (come ad es. la carne), rispetto alla scarsa qualità e differenziazione presente nei negozi locali, in cambio di soldi e favori.

Anche la casa rappresentava un diritto garantito. Fu questo il motivo che portò alla crescita negli anni 70 e 80 di interi quartieri denominati “paneláky” (le case in pannello), nelle zone di periferia delle principali città. Occorre ricordare che negli anni 70, vi fu una esplosione demografica importante, si tratta della generazione dei c.d. “husákovy děti” (ossia i bambini di Husák, l’allora presidente che fu nominato in carica dal 1969 fino al 1989 nel pieno della normalizzazione post primavera di Praga).

paneláky

I migliori appartamenti, così come i migliori trattamenti erano garantiti a favore dei membri di partito e dell’apparato militare. Anche questo aspetto fu una conseguenza naturale del regime instaurato.

Le giovani famiglie – dato che tendenzialmente in Cecoslovacchia ci si sposava molto giovani, subito dopo gli studi se non addirittura durante gli studi- spesso dovevano attendere qualche mese se non qualche anno per vedersi attribuito un alloggio nuovo trovando sistemazioni di fortuna.

Come già indicato in precedenza, ogni famiglia praticamente si dedicava alla cura di un orto, così come era diffusissimo il fenomeno delle “chaty”, equiparabili alle dacie presenti in Unione Sovietica, ossia della casa immersa nella natura fuori dalla città, dove i locali trascorrevano serenamente i loro weekend ed a volte le proprie ferie. Ancora oggi, la “chata” è un sogno dei cechi, uno status symbol.

La vita immersi nella natura rappresenta ancora oggi una passione del popolo ceco. Negli anni 70-80 era molto diffuso il “trempink”, ancora oggi presente seppur in forma più lieve, che si può a mio avviso definire come un movimento sociale alla ricerca della natura, dell´avventura e del romanticismo legato alla vita immersi nella flora e nella fauna che condizionò molti giovani, che vagabondavano all´avventura dormendo “pod širákem” ossia sotto il cielo, o nelle tende. “Táborák”, ossia il falò, la musica country delle chitarre, la birra e gli alcolici, i cibi cotti sul fuoco sono stati il lato romantico sognatore di questo modo di vivere. Non è un caso che ancora oggi la radio maggiormente ascoltata dai cechi sia Country Radio.

La caduta del regime nel 1989 è imputabile, oltre ad altri fenomeni oggettivi, anche ai danni ambientali che negli anni 70-80 iniziarono a manifestarsi e portarono a frequenti proteste. Non fu un caso il fatto che Havel, il primo presidente democraticamente eletto dopo la rivoluzione di velluto dell´89, menzionò in uno dei suoi primi discorsi al popolo, i terribili danni ambientali a cui si assisteva ed ai quali occorreva reagire per il bene comune.

  • Le associazioni di partito

L’associazionismo, come ho già scritto in precedenza, era molto favorito, quasi un obbligo “consigliato” per tutti i cittadini

Si partiva dalle scuole elementari, dai c.d. pioníři, ossia l’associazione dei bambini simili agli scout, passando per il Socialistický svaz mládeže (associazione dei giovani socialisti) fino alla militanza nel KSČ – il partito comunista cecoslovacco.

pioníři

I pionýry furono un fenomeno particolare che cerco di descrivere meglio, in quanto aveva lo scopo di creare associazionismo tra i giovani (forse quanto ha rappresentato la vita parrocchiale per molti giovani italiani). La Pionýrská organizace Socialistického svazu mládeže – L’organizzazione e associazione socialista di giovani pionieri – fu una organizzazione dominante negli anni 70 e 80 per i giovani cecoslovacchi.

Facevano parte dell’organizzazione i bambini tra i 6 e 15 anni, alunni delle scuole elementari, cittadini cecoslovacchi che dovevano fare il giuramento ed avere il consenso dei genitori. Al termine della scuola obbligatoria, la partecipazione terminava.

Lo slogan principale era ” K budování a obraně socialistické vlasti buď připraven! ” – che tradotto vuol dire “Sii preparato alla costruzione ed alla difesa dello stato socialista!” al quale i bambini rispondevano “Vždy připraven!” – “Sempre pronto!”.

Si divideva in tre fasce a seconda dell´etá dei bambini: jisrky (“scintille”) nell´età tra i 6-8 anni, “mladsí pionýry” ossia i pionieri giovani tra gli 8 – 12 anni e “starší pionýri” tra i 12 e 15 anni. Esisteva poi la quarta categoria dei lavoratori pionieri (i comandanti sopra i 18 anni e gli istruttori tra i 15-17 anni).

Abolita nel 1990, esiste ancora oggi ma non ha più una ideologia politica, resta solo una associazione. Per quanto mi riguarda, non conosco nessuno che ne faccia parte.

Frequenti erano anche le c.d. “brigáde”, lavori collettivi organizzati nei giorni di festività da parte del comune per finalità di pubblica utilità (pulizia di spazi pubblici, lavori di manutenzione a scuole, ecc…).

Per le generazioni di cechi che vissero quegli anni come studenti, sono certamente indimenticabili anche i lavori estivi (“letní brigády”) che erano chiamati a svolgere obbligatoriamente, nei campi di frutta o verdura, o presso aziende produttive.

Gli slogan di partito erano estremamente diffusi, scritti sui monumenti e propagati come vere e proprie pubblicità. Ne elenco alcuni:

  • Buduj vlast, posílíš mír – Costruisci la patria, accresci la pace
  • Sovětský svaz – náš vzor – L’Unione sovietica – il nostro esempio
  • Proletáři všech zemí, spojte se! – Proletari di tutte le terre, unitevi!
  • Se Sovětským svazem na věčné časy a nikdy jinak! – Con l’Unione Sovietica per sempre e mai diversamente!
  • Komunismus – náš cíl – il comunismo, il nostro fine
  • Komunismus – náš zítřek – Il comunismo il nostro domani
  • Socialisticky pracovat, socialisticky žít! – Lavorare e vivere da socialista!

In agricoltura operavano i c.d. družstva, le cooperative agricole, che gestivano i terreni frutto della collettivizzazione partita nel 1948 (la nazionalizzazione della proprietà privata), erano presenti inoltre i družstva che gestivano imprese di interesse regionale come i trasporti, gli acquisti centralizzati, ecc…

A capo dei družstvo, veniva nominato solitamente un membro del partito KSČ.

Oltre agli slogan, diverse vie, piazze, scuole ed altri luoghi pubblici avevano denominazioni che richiamavano personaggi ed istituzioni comuniste. Anche diverse stazioni della metró cambiarono il nome nei primi anni Novanta. Ho dedicato un breve articolo a questo fenomeno visibile cliccando su questo link.

  • Aspetti pratici della vita di tutti i giorni

Come ho già indicato all’inizio di questo articolo, non ho mai sofferto la fame. Spesso quando sento raccontare situazioni di carenza di prodotti di base che avrebbero vissuto certi paesi dell’Est, posso affermare che non riguardarono certamente la Cecoslovacchia che ho conosciuto e frequentato. Potrebbe essere dovuto al fatto che Praga ha sempre rappresentato un fiore all’occhiello del paese, ma devo dire che anche quando ho viaggiato al nord ed al sud della Boemia, non ho mai percepito la povertà e la fame

In generale, nei negozi e nei supermercati mancava la scelta tra varie tipologie di prodotti, spesso era presente solo una marca, quella proposta dalle imprese di Stato, e la qualità talvolta era scadente. Frutta e verdura erano limitati, di produzione nazionale o proveniente dai paesi “fratelli”. Le arance cubane, i meloni dalla Bulgaria, le banane dall’America del Sud… In occasione dell’arrivo delle primizie, spesso sorgevano delle file di persone che pazientemente attendevano il loro turno per acquistare questi beni privilegiati.

Ricordo che nel paese dove abitavano i miei nonni, la carne veniva portata al giovedì, pertanto si andava a fare la fila una mezzoretta prima per cercare di acquistare i tagli migliori. Inoltre, come ho già accennato, praticamente ogni famiglia aveva un terreno che coltivava per avere primizie proprie e talvolta si allevavano animali da giardino, come conigli e galline, per avere una carne fresca e di qualità.

La Coca Cola e la Pepsi erano un bene di lusso, che si trovava nei locali turistici e bar del centro di Praga, raramente arrivavano in periferia. Le Marlboro venivano prodotte da queste parti, sulla base di una licenza concessa dalla Philip Morris, ma prevalevano le marche locali (tra cui le onnipresenti Start e le Sparta).

La TV alternava programmi in lingua ceca e programmi in lingua slovacca, questo per favorire l´unione culturale di due realtà che pur avendo radici vicine, avevano una storia ed anche lingue diverse.
I film/telefilm americani erano sporadici: trovavano maggiore spazio i film italiani e francesi (ma sempre in modo molto limitato: ricordo ad es. le commedie di Bud Spencer e Terence Hill che effettivamente qua arrivarono, ricordo il film Amici miei trasmesso negli anni Ottanta nei cinema locali, ricordo Ragazzo di Campagna di Pozzetto, ricordo Fantozzi – mentre di francese ricordo Louis de Funés – tipo fantomas e film commedie).

La filmografia predominante era locale (si produceva prevalentemente negli studi di Barrandov a Praga). Anche i telefilm erano maggiormente di produzione locale o comunque dei paesi del blocco sovietico.

Ricordo che in quegli anni, trasmettevano anche il telefilm La piovra con il commissario Cattani… molte persone ritenevano che in Italia le pratiche mafiose fossero piuttosto diffuse e talvolta mi domandavano come si potesse vivere in Italia. D’estate, poi veniva trasmesso un riassunto del festival di Sanremo. Anche grazie a questo, credo, la musica italiana trovò una diffusione importante e maggiore rispetto agli altri paesi occidentali (conosciutissimi, dalle vecchie generazioni, sono Albano e Romina, I ricchi e poveri, Toto Cutugno, Tozzi). Ho dedicato un articolo del blog a questo tema.

Come già accennato ad inizio articolo, i telegiornali di allora, guardati oggi, fanno sorridere. Acclamavano ai risultati produttivi (per lo piú palesemente falsificati) dell’industria e dell’agricoltura, alla crescita della Cecoslovacchia. Non a caso, Havel, nel primo discorso da presidente tenuto il 1.1.1990, dichiarava pubblicamente che seppure per 40 anni il popolo ed i cittadini hanno sentito come il paese cresce ed è prosperoso, lui partiva dal principio che fosse stato eletto pubblicamente per non mentire, pertanto tutte queste cose non erano vere.

L’imponente progetto della Metro a Praga nasce negli anni ´70 grazie al supporto ed alla tecnologia sovietica. L’apertura della prima linea risale al 1974, l’ampliamento ad una ulteriore linea risale al 1977. L’efficienza odierna di tale sistema di trasporto, occorre riconoscerlo, nasce proprio negli anni della Cecoslovacchia socialista.

Quasi tutte le donne si dedicavano al cucito, a tessere la lana, a creare i propri abiti moda con stoffe acquistate. Le tendenze occidentali inevitabilmente arrivavano. Il sogno di ognuna era di essere vestita alla moda. La scarsa capacità di acquisto, si compensava con questa passione che per certi versi è rimasta ancora largamente diffusa ai giorni nostri. Collegato a questa necessità, esisteva anche una larga diffusione dei second hand, denominati “Bazar” dove era possibile acquistare abbigliamento di seconda mano a prezzi modici.

Negli anni Ottanta, a mia memoria, i capelli lunghi degli uomini erano in generale accettati. In realtà i capelli lunghi furono oggetto di aspre contestazioni sul finire degli anni 60: il regime riteneva che le persone con i capelli lunghi fossero ribelli, socialmente problematici e rischiosi per l’ordine pubblico. Risale al ´66 un intervento molto forte da parte delle autorità di polizia (VB) nei confronti di un gruppo di giovani ritenuti problematici. Il tentativo fu di discreditare queste persone, impedendo in alcuni casi anche l’ingresso nelle scuole, nei luoghi di pubblico interesse ed addirittura sui mezzi pubblici.

Di seguito alcuni prodotti che ricordo con nostalgia (non tanto per la qualità, ma per quanto fossero diversi a quanto eravamo abituati in Italia). Peraltro, il fenomeno “retro” è molto amato anche dai locali, ricordando un periodo che oggi appare molto diverso dalla realtà quotidiana.

Per molti aspetti il tempo tende a cancellare i ricordi negativi, lasciando quelli migliori.

  • Il litro di latte nella plastica

Ebbene sì, non esistevano i tetrapack, e le bottiglie di vetro erano poco diffuse. Il latte si comprava confezionato in plastica sottile. A volte, nel tragitto verso casa la plastica cedeva, magari a seguito di una semplice caduta, e facilmente si combinava un disastro.

mléko v sáčku

Per i bambini, il latte in polvere era il “Sunar“. Le generazioni degli anni 70 e 80, anche per la scarsa propensione all’allattamento, sono cresciute con questo alimento.

sunar

Non penso di aver mai mangiato (o bevuto?) in Italia il latte dolce condensato venduto nella confezione a tubetto. Questo latte, da molti giudicato di una dolcezza quasi nauseante, viene venduto ancora oggi.

tatra
  • Il cacao in polvere Granko

Delizia di oDelizia di ogni bambino, il cacao in polvere Granko è nella mente di tutti i 30-40 enni, peraltro si vende ancora nei negozi con questo marchio.

granko
  • Le Tatranky e Horalky

I I biscotti wafer, generalmente con il ripieno alla nocciola, si sono sempre venduti da queste parti, ricordo in particolare questi due marchi.

  • Le caramelle

Per la verità, gran parte dei marchi sono ancora presenti oggi. Ricordo vari nomi: le caramelle bohemians – klokánky, le caramelle Slavia, Hašlerky. Le mie preferite erano le caramelle Bon Pari e le Hašlerky

E naturalmente la gomma da masticare Pedro… che dopo 5 minuti erano già senza sapore

pedro

La cioccolata maggiormente diffusa, ancora oggi, è sotto il marchio storico ceco Orion, oggi rientrante nel gruppo Nestlé.

orion
  • I negozi

Risalgono agli anni 70-80 il centro commerciale Kotva di Praga, i supermercati commerciali marchio Prior e Máj. I negozi di alimentari erano quasi tutti sotto il marchio Jednota.

  • Le scatolette di carne

Ancora diffuse oggi, la carne in scatola sotto forma di paté, aveva una grande diffusione dappertutto. Majka rappresenta probabilmente il marchio più celebre ed ancora oggi è ampiamente consumato.

konzervy
  • Il pane nero

Abituato al pane bianco italiano, il pane nero era per me una grande diversità rispetto alle abitudini. Tuttavia, era un pane che mi piaceva, specie con il burro e sale, oppure con il prosciutto cotto (šunka).

chleba
  • La birra

La Cecoslovacchia é sempre stata un grande produttore di birra pregiata, ed il consumo pro-capite è sempre stato molto elevato. Oltre che servita nelle hospode, veniva vendute in bottiglie di vetro, con vuoto a rendere (abitudine rimasta anche oggi). Le birre più celebri erano la Budwaiser e il Plzenský Prazdroj (Pilsner Urquell), ma vi erano numerosi marchi più regionali, come Staropramen, Kozel, Krušovice, ecc….

piva
  • Le automobili

La Škoda è la casa automobilistica ceca per eccellenza. I modelli che ricordo maggiormente, sono: škoda embéčko, škoda 120 e škoda favorit. Sinonimi di scarso design, praticamente zero accessori e pochissima tecnologia, questi modelli, dato che le auto occidentali difficilmente si potevano acquistare anche per i prezzi proibitivi, hanno rappresentato il sogno di ogni ceco medio.

Esistevano anche altre marche prodotte nei paesi alleati, come il Trabant, oppure l’auto Wartburg prodotti nella ex Germania dell’Est o il žigulík. A volte capitava di vedere anche la Fiat, con la 126 oppure la 127, considerando che veniva prodotta in Polonia.

Un modello di automezzo a tre ruote che mi è rimasto impresso è il Velorex

velorex

Le moto e scooter non erano particolarmente diffuse, i marchi più famosi erano la Jawa, il modello Babeta e Čezeta e le moto Samson.

  • Le bibite

Le bibite occidentali (Coca Cola, Pepsi, Fanta, Sprite,…) non erano facilmente reperibili. Rispetto all’Italia, si diffusero molto le bibite dolci saporite, una sorta di limonata che veniva venduta nei negozi, bar e ristoranti a prezzo molto popolari. I vuoti erano a rendere.

Risale a quel periodo anche la nascita del marchio e della bibita Kofola, che ancora oggi è molto diffusa.

maliny
  • Buchty a domácí koláče

La tradizione dolciaria ceca è ancora oggi molto viva. Ogni famiglia ha la donna di casa che prepara i dolci tradizionali. A seconda dei periodi dell’anno, si alternano varie prelibatezze. Anche la frutta di stagione condiziona molto i dolci e le torte che si servono sulle tavole locali. Personalmente mi porto dentro dei sapori che quando incontro oggi (purtroppo sempre piú raramente) mi risvegliano i ricordi della mia infanzia, della nonna che nei giorni di festa preparava i koláče e le torte. Un posto nel mio cuore le hanno le “buchty”, dei dolci lievitati e ripieni di ricotta dolce, cosparsi di zucchero a velo.

Ho dedicato un articolo alla cucina ceca.

Céčka

Piccole letterine in plastica, dai tanti colori, che si incastravano tra loro. Si trattó di un incredibile fenomeno moda degli anni Ottanta, a cui ho dedicato anche un post autonomo visibile al seguente link.

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L´uomo destinato all´eliminazione – MUKL – Il Monumento alle vittime del Comunismo – Praga

M.U.K.L (můž určený k likvidaci) indica letteralmente l´uomo destinato all´eliminazione, una definizione che circolò nelle prigioni politiche cecoslovacche, presa direttamente dagli orrori del nazismo.

Sette statue in bronzo disseminate lungo una scalinata, sono l´opera realizzata dall´artista Olbram Zoubek, assieme agli architetti Zdenek Holzl e Jan Kerel, che mostra l´inquietante dissolversi dell´individuo – a memoria del progressivo annientamento dell´uomo generato da una dittatura. L´individuo però resiste con fierezza, anche se menomato nello spirito e fisicamente – resistendo in piedi.

Il monumento alle vittime del comunismo si trova a Praga, nella zona di Malá Strana, alla base della collina di Petřín dal 2002.

Ha l´obiettivo di ricordare ai posteri i prigionieri politici e le vittime del regime che ha governato la Cecoslovacchia dal 1948 al 1989.

Una fascia in bronzo, ed una stele alla base del monumento ripetono i numeri di queste persecuzioni: 205 486 persone condannate, 248 condanne capitali, 4 500 persone decedute nelle prigioni, 327 persone morte ai confini, 170 938 cittadini emigrati. (“Oběti komunismu 1948 – 1989: 205 486 odsouzeno – 248 popraveno – 4 500 zemřelo ve věznicích – 327 zahynulo na hranicích – 170 938 občanů emigrovalo”).

I MUKL erano tipicamente dei prigionieri politici, che erano ritenuti scomodi per il regime, e pertanto erano destinati a lavori umilianti e molto faticosi. Tipico il lavoro nelle miniere di uranio o di carbone. Vi sono molte testimonianze delle pessime condizioni in cui versavano questi individui, e delle difficoltà per comunicare con la loro famiglia e loro cari, fino ad arrivare ad un progressivo annientamento dell´individuo che lo portava all´oblio ed alla morte.

Questa opera é particolarmente suggestiva la notte: grazie dall´illuminazione, gli effetti luce colpiscono l´animo molto più che durante il giorno. Purtroppo, il monumento è stato bersaglio di vari atti vandalici nel recente passato.

pomnik

La giornata della memoria delle vittime del comunismo si celebra il giorno 27 giugno di ogni anno, la data ricorda l´esecuzione di Milada Horáková, che avvenne il 27 giugno 1950.