Uno dei tanti effetti generati dalla rivoluzione di velluto del 1989, implicó anche la modifica di nomi di strade, piazze, stazioni della metró, scuole ed altri spazi pubblici che evocavano nomi, slogan e personaggi del regime precedente.
In realtá si trattó di un processo che duró diversi anni. Nacque anche una associazione indipendente di volontari per la modifica dei nomi di strade e spazi pubblici giá nel dicembre del 1989.
Alcune variazioni furono spontaneamente proposte dalle persone. É il caso di piazza dell´Armata rossa (denominata náměsti Krásnoarmějců in ceco) che divenne nel corso di una notte la piazza di Jan Palach (Náměstí Jana Palacha, nel pieno centro di Praga 1) per semplice iniziativa popolare.
Ben otto denominazioni di stazioni della metró furono cambiate: l´attuale Dejvická si chiamava Leninova, la frequentatissima stazione di Florenc era chiamata Sokolovská, Jinonice si chiamava Švermova, Nové Butovice era Dukelská, Nádraží Holešovice era denominata Fučíkova. In ricordo del primo presidente della Cecoslovacchia socialista Klement Gottwald, la stazione che conosciamo oggi come Vyšehrad si chiamava Gottwaldová. Pankrác si chiamava Mládežnícká, Roztyly aveva il nome di Primátora Vacka. L´attuale Chodov era denominata Budovatelů, Opatov era Družby e Háje aveva un nostrano nome in ricordo dei cosmonauti (Kosmonautů).
Tuttavia, il cambio di nome non fu solo un effetto del dopo ´89. Vinohradská, la grande arteria che attraversa Praga 2, ha questo nome dal 1962. Prima si chiamava Stalinová, ma proprio nel 1962, il culto del leader sovietico inizió ad appannarsi. In realtá a Praga Stalinová continuó ad esistere, ma nel nuovo quartiere di Chodov (attualmente la via si chiama Starochodovská).
Kubanské náměstí (piazza Cuba) a Praga 10, durante il regime si chiamava Kubanská revoluce (piazza della rivoluzione cubana) in memoria della vittoria del rivoluzionario Fidel Castro.
Nábřeží Bedřicha Engelse (corso lungo fiume Fredrick Engels) riprese dopo l´89 il nome di Rašinovo Nábřeží – denominazione che fu modificata nel 1951.
La piazza della rivoluzione di ottobre (náměstí říjnové revoluce) oggi si chiama Vítěžné náměstí (piazza della Vittoria). Tuttavia, nel gergo comune dei praghesi, questa piazza viene denominata sempre “kulaták”, in funzione della enorme rotonda che la caratterizza.
Oggi a Praga 6 troviamo anche via Patočková, in ricordo del filosofo ceco e fondatore di Charta 77 Jan Patočka. Durante il periodo comunista, si chiamava ulice Pionýrů (la via dei pionieri).
Denominata oggi ulice Milady Horákové, in ricordo della politica giurista Milada Horáková simbolo della resistenza al nazismo e successivamente al comunismo – poi incredibilmente condannata a morte da un processo farsa imbastito dal regime comunista nei primi anni 50 – durante il periodo comunista la via assunse il nome di ulice Obránce míru (via dei difensori della pace).
L´odierno Most legií (il ponte delle legioni), dal 1960 al 1990 era denominato Most 1. máje (ponte del primo maggio). La via Eliášova, fino al 1991 si chiamava via delle guardie di frontiera. La grande strada di Praga 7, Evropská, modificó varie volte il proprio nome, ma dal 1967 fino al 1991 si chiamó Leninová.
La caduta del regime vide la riabilitazione del primo presidente della Cecoslovacchia nata nel 1918, Tomáš Garrigue Masaryk. Centinaia di scuole sono denominate in ricordo di questo personaggio della storia ceca, ed esiste anche una importante stazione dei treni, sita in Praga 1, che si chiama Stazione di Masaryk (Masarykovó nádráží).
Infine, nel 2012, poco dopo la morte del drammaturgo, politico ed ex presidente ceco Václav Havel, su proposta di un importante regista, Fero Fenič, si decise in tempi rapidi di modificare il nome dell´aeroporto fino ad allora denominato Ruzyně, in aeroporto di Václav Havel (letiště Václava Havla).
La statua in polistirolo – é questo il motivo per cui é semplicemente appesa – si trova nel sottopassaggio del palazzo di Lucerna nel centro di Praga, nelle zone limitrofe a Piazza San Venceslao e ritrae il cavallo morto su cui siede il patrono dello stato ceco, San Venceslao.
Installata dal 2000, secondo alcune fonti resterá appesa in tale loco, fin tanto che non verrá restaurata la monarchia costitutiva (secondo gli accordi che sarebbero stati sottoscritti con la proprietá di Lucerna).
Černý non ha mai commentato il motivo di questa opera, ma riscontriamo una espressione tipica delle produzioni di Černý, in quanto lascia contraddetti pur non fornendo un messaggio immediato e chiaro.
Alcune fonti sostengono che volesse criticare l´allora leader politico della destra democratica, poi divenuto presidente della repubblica Ceca, Vaclav Klaus. In generale, sembra contenere una chiara critica alla Cechia, in chiave moderna.
In origine, doveva essere installata presso la posta centrale in Praga 1, ma il direttore si oppose ritenendola “eccessiva”, a testimonianza del fatto che comunque non lascia indifferenti.
L´elegante quartiere residenziale a ridosso di Praga 1, il quartiere di Vinohrady, divenne territorio catastale di Praga solo nel 1922. Denominato Viničné hory (“montagne di vigneti”) dal 1788, fu un comune limitrofo a Praga per divesi lustri, divenendo sempre piú importante e popolato. Dal 1867 questa area prese il nome di Kralovské Vinohrady (“vigneti reali”), nome diffuso ancora oggi nella tradizione popolare.
Come spiega il nome, fin dal Medioevo questa collina era disseminata di vigneti a servizio della cittá di Praga e naturalmente a favore del re (da qui la denominazione “Královské” – reali – denominazione poi volutamente boicottata nel secondo dopoguerra da parte del regime, per motivi ideologici).
L´espansione demografica di fine del secolo diciannovesimo, e la graduale espansione urbanistica della cittá di Praga, hanno portato alla crescita di questo quartiere, oggi ritenuto uno dei piú interessanti e belli.
Le piazza principale del quartiere é Náměstí Míru (Piazza della pace), dove arriva la metro´ della linea A (dove si trova la scala mobile continua piú lunga di tutte le stazioni praghesi).
Al centro della piazza si trova la chiesa in stile neogotico di Santa Ludmila, e tra gli splendidi palazzi di fine ´800 e ´900 spiccano il teatro di Vinohrady ed il palazzo comunale di Vinohrady (Národní dům na Vinohradech).
La seconda piazza per importanza é quella di Jiřího z Poděbrad, dove al centro del parco si trova la chiesa del grande cuore del Signore (kostel Nejsvětějšího Srdce Páně), costruita tra le due guerre.
Vinohrady é un quartiere moderno, con zone di verde rilevanti e molto belle, quale il parco di Riegrový Sady, dal quale si puo´ godere di una splendida vista su Praga, e il parco di Havličkový sady (denominato anche Grébovka). Questi parchi, con la bella stagione sono letteralmente presi d´assalto dai praghesi.
Nella prima parte della via principale, denominata Vinohradská třída, si trova l´edificio della radio ceca (Český rozhlas). La radio ceca nella storia del ´900, nei vari momenti storici, ha assunto rilievo per cui esistono varie lapidi a commemorare determinati momenti storici.
Alla sinistra dell´entrata si trova una lapide a ricordo dei caduti della radio ceca nella seconda guerra mondiale. Esiste inoltre una seconda lapide che ricorda i nomi di tutte le persone morte a difesa della radio ceca nella seconda guerra mondiali.
Ě presente la lapide riportante la data del 5 maggio 1945 che indica la frase “ore 12:33, chiamiamo tutti i Cechi, segnale della rivolta della gente ceca”
Risale al 21 agosto 1948 la lapide che indica le ore 4:30, riportante la frase “siamo con voi, state con noi” segnale della trasmissione dell´agosto della radio ceca
Infine, esiste una lapide che riporta i nominativi dei morti davanti alla radio ceca nel corso del 1968 in sua difesa.
Spesso mi viene domandato di raccontare come si viveva ai tempi del comunismo a Praga, ed in generale in Cecoslovacchia.
Mi limito a fornire delle informazioni sulla base della mia esperienza e per quanto ho potuto capire successivamente, studiando maggiormente la storia del paese.
A tre anni dalla pubblicazione di questo articolo, ho ricevuto diversi ringraziamenti, ma anche qualche critica. Ho cercato volutamente di non inserire dei giudizi politici, e quanto riportato è ampiamente confermato da diverse fonti oltre che da quanto ho vissuto direttamente.
Una precisazione: parlare di comunismo non è del tutto esatto, in quanto sarebbe più corretto parlare di socialismo, come di un periodo di passaggio verso una organizzazione comunista vera e propria che però non è mai stato possibile realizzare (nemmeno nell’Unione Sovietica). In ogni caso, per semplicità riporto la parola “comunismo”, data la diffusione comune del termine.
Sono consapevole che le mie percezioni siano state caratterizzate dalla condizione privilegiata nata dal vivere stabilmente in Italia, ma ho avuto anche la fortuna di visitare i parenti che abitavano a Praga per circa due mesi all’anno tutti gli anni fino al 1989. Occorre premettere che non ho mai risentito di problemi economici e di reperimento di materie per una alimentazione di base; certamente, specie con l’adolescenza, iniziai a notare che non era possibile trovare nei negozi tutta la gamma di prodotti a cui eravamo abituati in Italia.
Mancanza di libertà e l’informazione distorta
Ogni regime dittatoriale porta inevitabilmente alla repressione della libertà dell’individuo.
“La pressione che un moderno Stato totalitario può esercitare sull’individuo è paurosa. Le sue armi sono sostanzialmente tre: la propaganda diretta, o camuffata da educazione, da istruzione, da cultura popolare; lo sbarramento opposto al pluralismo delle informazioni; il terrore.” (cit. da “I sommersi e i salvati” di Primo Levi).
La censura riguardò tutti gli strumenti di comunicazione di massa: radio, televisione, libri, quotidiani e periodici. In generale tutti i media erano controllati in maniera pressoché totale.
Diversi libri e romanzi occidentali non erano permessi. Gran parte della popolazione ascoltava segretamente le onde radio trasmesse da Radio Europa Libera, lo strumento di propaganda occidentale sulle onde di modulazione d’ampiezza AM che trasmetteva da Monaco di Baviera. L’ascolto era vietato, pertanto occorreva essere molto cauti e solitamente, si ascoltava la sera o la notte.
La televisione aveva due canali, il primo ed il secondo. L´ intervento politico su questo media era importante, per cui diversi programma parlavano del comunismo, della storia degli uomini di partito comunisti, dell’URSS e degli altri paesi del blocco sovietico. I notiziari dedicavano ampi spazi all’elogio dei successi economici, produttivi, agricoli della nazione, sfoderando dati ottimistici. Non si perdeva occasione per parlare dei guai delle economie e delle società occidentali: la corruzione, i disordini sociali, la povertà, le droghe, e così via.
La libera espressione delle proprie idee non era concessa e determinati argomenti si potevano affrontare solo in un gruppo ristretto di amici fidati, parlando sottovoce e stando molto attenti. Esistevano pubblicazioni clandestine di produzione casalinga– i samizdat a cui ho dedicato un articolo a parte – che consentivano di trasmettere idee, poesie e racconti inneggianti alla libertà. Solamente in determinati luoghi ed in determinati contesti si discuteva di politica (come nelle hospoda – birrerie), ma sempre in maniera molto accorta.
I servizi segreti nella veste di polizia politica della Cecoslovacchia (denominata STB), il sistema capillare di spie e il controllo dell’ordine pubblico attraverso le forze di polizia (VB – veřejná bezpečnost), oltre che instaurare un regime di terrore, portarono ad un disinteresse alla politica attiva, in quanto si era persa la speranza di cambiamento – specie dopo la repressione della Primavera di Praga del 1968.
Un ruolo importante fu svolto da diversi ambienti culturali teatrali (in definitiva anche Václav Havel, primo presidente dopo la caduta del regime, fu un drammaturgo), dove in determinati momenti storici, l’opposizione al regime dittatoriale fu netta e determinata a sostegno dei movimenti studenteschi.
Nel corso dei 40 anni, l’oppressione della libertà non fu sempre costante, si alternarono periodi molto duri (come ad esempio dopo il 1948 o nel periodo della normalizzazione degli anni 70) a periodi più miti (ad esempio negli anni antecedenti la primavera di Praga del 1968 o la progressiva apertura nel corso degli anni 80).
Ricordo chiaramente, come il solo arrivo di una automobile della polizia VB, comportava un fuggi fuggi generale ed uno spiare dalla finestra i loro movimenti.
Le persone apertamente schierate contro il regime, definite come dissidenti, erano oggetto di frequenti arresti, perquisizioni, e naturalmente erano monitorate dai servizi segreti di Stato. Spesso venivano anche costrette ad emigrare, anche se l’atteggiamento principale era quello di degradare al massimo la persona, e tutti i suoi familiari, cercando di portarla all’oblio. Emblematico il caso dell´atleta Věra Čáslavská a cui ho dedicato un articolo.
In effetti, in fasi alterne, i nemici dello Stato non furono solo i dissidenti, ma addirittura furono fatte varie epurazioni interne ai membri del partito comunista stesso, con metodi di tortura, degrado morale e violenza fino alla pena di morte, specie negli anni 50.
Il 27 giugno di ogni anno, si celebra la giornata delle vittime del comunismo: questa data ricorda la pena di morte inflitta alla giurista politica Milada Horáková il giorno 27 giugno 1950.
L’epurato per eccellenza, simbolo della Primavera di Praga, fu Alexander Dubček, l’allora presidente del partito comunista cecoslovacco, fautore di un “socialismo dal volto umano”, che trovò epilogo nell’invasione delle truppe del patto di Varsavia, nell’agosto del ´68. Tuttavia, non fu che la punta di un iceberg: negli anni successivi, tutti i funzionari e coloro che avevano partecipato al processo di rinnovamento, vennero allontanati dal partito, persero il lavoro e non poterono più partecipare attivamente alla vita pubblica. Negli anni successivi a questi eventi, ben 620 mila iscritti al partito furono espulsi.
La presenza di un familiare dissidente o epurato, così come la presenza di familiari che erano emigrati fuggendo dal regime instaurato, comportava difficoltà per tutti i membri della famiglia rimasti: impossibilità di carriere lavorative se non addirittura posizioni lavorative degradanti, impossibilità di accedere a scuole o università per i figli, impossibilità di viaggiare verso altri paesi.
Forse come conseguenza di questo sistema autoalimentato basato sul terrore, esisteva anche una invidia mista all’odio tra le persone, anche tra semplici vicini, che contribuiva ad amplificare gli effetti di questa situazione. Si tratta di un sentimento difficile da descrivere, ma di fatto rese i cecoslovacchi molto diffidenti tra loro, se non indifferenti.
Ancora oggi, sotto certi aspetti, permane questa misteriosa coltre di indifferenza e diffidenza. Demetrio Volčič – giornalista e scrittore – scrisse “Il silenzio, a Praga, non è un fenomeno raro…. in questi paesi in transizione, anche quando il sistema totalitario non esiste più. Le paure hanno percorsi strani, fiumi carsici, si vedono, spariscono, rispuntano e sono così più misteriosi…”
Il partito comunista cecoslovacco
Nonostante varie fasi alterne, come poc’anzi menzionato, il partito comunista cecoslovacco (KSČ) vantava 1,5 milioni di iscritti.
Spesso per poter trovare un lavoro in linea con le proprie aspirazioni e garantire un certo futuro alla propria famiglia si era costretti alla tessera di partito ed alla partecipazione alla vita politica attiva.
Tuttavia, è ovvio come tutto il sistema creato comportasse centinaia di migliaia di persone potenzialmente spie, per cui davvero non si era sicuri di nessuno. Inoltre, il solo fatto di avere la tessera di partito non garantiva alcuna tranquillità in quanto si era comunque un potenziale soggetto da tenere sotto osservazione.
Oltre alla mancata libertà di espressione citata, esisteva anche una limitazione agli spostamenti: era possibile viaggiare abbastanza liberamente per turismo solo nei paesi alleati tramite un visto “výjezdní doložka”. Risale a quel periodo, anche la passione dei cecoslovacchi per il mare, grazie alla Jugoslavia e alla Bulgaria.
Non erano vietati i viaggi in Occidente, tuttavia occorreva richiedere un visto alle autorità locali e motivare il viaggio. Raramente veniva concesso il viaggio all’intera famiglia (le possibilità di emigrazione illegale si riduceva se si tratteneva un membro della famiglia a casa, consapevoli anche delle conseguenze che avrebbe potuto affrontare in caso di emigrazione di familiari).
Per i dissidenti ed i nemici del partito, qualsiasi espatrio, invece, era praticamente impossibile.
La proprietà privata non era permessa e pertanto anche la figura di imprenditori individuali praticamente non esisteva. Era consentita l’assegnazione di un terreno ai fini di consentire l’allevamento domestico e la coltivazione per usi familiari, così come negli anni ´80 divenne frequente l’attribuzione di terreni ai privati per le costruzioni di case che si potevano considerare proprie (le villette vanivano costruite direttamente dal cittadino, nel tempo libero, per cui la costruzione poteva durare anche diversi anni).
I programmi scolastici, oltre ad imporre l’insegnamento del russo obbligatorio dalla terza elementare, erano condizionati dalla visione della storia che il regime voleva diffondere tra le nuove generazioni.
L’associazionismo pubblico era propagato a tutte le fasce di età, come collante della identità socialistica e migliore difensore dei principi propagati.
Erano frequenti manifestazioni pubbliche volte a festeggiare le date importanti per la storia cecoslovacca e dell’URSS, con slogan volti a rimarcare i principi socialisti e di fratellanza tra i paesi dell’area socialista. Ogni buona famiglia, in queste ricorrenze, era raccomandata di appendere alle finestre le bandierine nazionali e quelle sovietiche. La partecipazione a questi eventi era ovviamente vista di buon occhio.
Ogni cinque anni si svolgeva la Spartakiada, un evento ginnico nazionale che coinvolgeva tutte le generazioni ed era il fiore all’occhiello del regime. In tutta la Cecoslovacchia si svolgevano eventi ginnici nei giorni programmati (l’ultima si tenne a fine giugno 1985). I numeri sono impressionanti: oltre 2 milioni di persone che si sono dedicati ad attività ginnica, il pubblico ha superato la cifra di 4 milioni di persone. Il principale programma si svolgeva allo stadio di Strahov, a Praga. Il video a questo link rende l’idea di cosa rappresentavano questi giochi.
La presenza di familiari che vivevano all’Occidente – seppur regolarmente emigrati, come nel mio caso – rappresentava di per sé un primo sospetto importante. La posta poteva essere oggetto di controlli da parte degli organi preposti, le telefonate potevano essere monitorate, occorreva cautela anche nei rapporti quotidiani con le persone.
Circolare con un’automobile occidentale a targa straniera, portava a due fenomeni che oggi fanno sorridere: l’ammirazione delle persone che si fermavano a guardare il mezzo nei minimi dettagli, ma anche le frequenti soste dovute ai controlli di Polizia che spesso e volentieri trovavano le peggiori scuse per appioppare una ammenda.
Era frequente, incrociando una automobile targata italiana, farsi le luci o il colpo di clacson di saluto. Questo per spiegare quanto fossero rari i connazionali in visita da queste parti. D’altra parte, per entrare nel paese i controlli doganali erano lunghi e noiosi, con ore di sosta e talvolta di preoccupazione in attesa che venissero restituiti i passaporti.
La piena occupazione, il lavoro, la casa per tutti e le vacanze.
Il “lavoro per tutti” si presta a varie interpretazioni politiche, specie nel confronto con l’epoca attuale.
Certamente, è un dato di fatto che i regimi comunisti andarono in crisi anche per la scarsa efficienza sul lavoro: la motivazione al lavoro era quasi assente. Le posizioni lavorative molto spesso non corrispondevano alle reali aspirazioni della persona, comportando forte demotivazione se non totale apatia al lavoro.
Le retribuzioni erano appianate, la meritocrazia era praticamente inesistente, e pertanto per poter arrotondare si vendevano prodotti di propria produzione (i prodotti agricoli e di allevamento che si ottenevano dall’orto) oppure si entrava a far parte più o meno direttamente del mondo illecito del cambio in nero e del mercato nero.
La valuta estera pregiata consentiva gli acquisti nella catena di negozi statali denominata Tuzex dove si potevano acquistare i prodotti occidentali tramite i c.d. bony (una forma di moneta cartacea creata appositamente per questi negozi) o tramite valuta estera. Ogni cittadino medio aveva il sogno di potersi recare per acquisti al Tuzex, dove era possibile acquistare anche auto occidentali.
Per quanto ricordo, le professioni dove era possibile guadagnare maggiormente, erano quelle che comportavano i servizi ai turisti (tassisti, camerieri, service in hotel, in quanto consentivano l’accesso anche alla valuta estera, consentendo dei cambi in nero e guadagni nella speculazione della vendita di valuta a terzi).
Molto ambite erano anche le posizioni che comportavano la possibilità di viaggiare, come ad es. i manager di imprese statali che si dedicavano all’export ed in parte all’import, quelle di ambasciatori e funzionari di ambasciate. Anche lo sport consentiva di viaggiare legalmente e passare diversi periodi all’estero, per cui era molto praticato (nota è la celebre tennista Navratilová che emigrò illegalmente negli Stati Uniti oppure Ivan Lendl, originario di Ostrava che fu naturalizzato statunitense).
La situazione, come già accennato, comportava anche il sorgere del mercato nero, consentendo la possibilità di accedere a prodotti di migliore qualità (come ad es. la carne), rispetto alla scarsa qualità e differenziazione presente nei negozi locali, in cambio di soldi e favori.
Anche la casa rappresentava un diritto garantito. Fu questo il motivo che portò alla crescita negli anni 70 e 80 di interi quartieri denominati “paneláky” (le case in pannello), nelle zone di periferia delle principali città. Occorre ricordare che negli anni 70, vi fu una esplosione demografica importante, si tratta della generazione dei c.d. “husákovy děti” (ossia i bambini di Husák, l’allora presidente che fu nominato in carica dal 1969 fino al 1989 nel pieno della normalizzazione post primavera di Praga).
I migliori appartamenti, così come i migliori trattamenti erano garantiti a favore dei membri di partito e dell’apparato militare. Anche questo aspetto fu una conseguenza naturale del regime instaurato.
Le giovani famiglie – dato che tendenzialmente in Cecoslovacchia ci si sposava molto giovani, subito dopo gli studi se non addirittura durante gli studi- spesso dovevano attendere qualche mese se non qualche anno per vedersi attribuito un alloggio nuovo trovando sistemazioni di fortuna.
Come già indicato in precedenza, ogni famiglia praticamente si dedicava alla cura di un orto, così come era diffusissimo il fenomeno delle “chaty”, equiparabili alle dacie presenti in Unione Sovietica, ossia della casa immersa nella natura fuori dalla città, dove i locali trascorrevano serenamente i loro weekend ed a volte le proprie ferie. Ancora oggi, la “chata” è un sogno dei cechi, uno status symbol.
La vita immersi nella natura rappresenta ancora oggi una passione del popolo ceco. Negli anni 70-80 era molto diffuso il “trempink”, ancora oggi presente seppur in forma più lieve, che si può a mio avviso definire come un movimento sociale alla ricerca della natura, dell´avventura e del romanticismo legato alla vita immersi nella flora e nella fauna che condizionò molti giovani, che vagabondavano all´avventura dormendo “pod širákem” ossia sotto il cielo, o nelle tende. “Táborák”, ossia il falò, la musica country delle chitarre, la birra e gli alcolici, i cibi cotti sul fuoco sono stati il lato romantico sognatore di questo modo di vivere. Non è un caso che ancora oggi la radio maggiormente ascoltata dai cechi sia Country Radio.
La caduta del regime nel 1989 è imputabile, oltre ad altri fenomeni oggettivi, anche ai danni ambientali che negli anni 70-80 iniziarono a manifestarsi e portarono a frequenti proteste. Non fu un caso il fatto che Havel, il primo presidente democraticamente eletto dopo la rivoluzione di velluto dell´89, menzionò in uno dei suoi primi discorsi al popolo, i terribili danni ambientali a cui si assisteva ed ai quali occorreva reagire per il bene comune.
Le associazioni di partito
L’associazionismo, come ho già scritto in precedenza, era molto favorito, quasi un obbligo “consigliato” per tutti i cittadini
Si partiva dalle scuole elementari, dai c.d. pioníři, ossia l’associazione dei bambini simili agli scout, passando per il Socialistický svaz mládeže (associazione dei giovani socialisti) fino alla militanza nel KSČ – il partito comunista cecoslovacco.
I pionýry furono un fenomeno particolare che cerco di descrivere meglio, in quanto aveva lo scopo di creare associazionismo tra i giovani (forse quanto ha rappresentato la vita parrocchiale per molti giovani italiani). La Pionýrská organizace Socialistického svazu mládeže – L’organizzazione e associazione socialista di giovani pionieri – fu una organizzazione dominante negli anni 70 e 80 per i giovani cecoslovacchi.
Facevano parte dell’organizzazione i bambini tra i 6 e 15 anni, alunni delle scuole elementari, cittadini cecoslovacchi che dovevano fare il giuramento ed avere il consenso dei genitori. Al termine della scuola obbligatoria, la partecipazione terminava.
Lo slogan principale era ” K budování a obraně socialistické vlasti buď připraven! ” – che tradotto vuol dire “Sii preparato alla costruzione ed alla difesa dello stato socialista!” al quale i bambini rispondevano “Vždy připraven!” – “Sempre pronto!”.
Si divideva in tre fasce a seconda dell´etá dei bambini: jisrky (“scintille”) nell´età tra i 6-8 anni, “mladsí pionýry” ossia i pionieri giovani tra gli 8 – 12 anni e “starší pionýri” tra i 12 e 15 anni. Esisteva poi la quarta categoria dei lavoratori pionieri (i comandanti sopra i 18 anni e gli istruttori tra i 15-17 anni).
Abolita nel 1990, esiste ancora oggi ma non ha più una ideologia politica, resta solo una associazione. Per quanto mi riguarda, non conosco nessuno che ne faccia parte.
Frequenti erano anche le c.d. “brigáde”, lavori collettivi organizzati nei giorni di festività da parte del comune per finalità di pubblica utilità (pulizia di spazi pubblici, lavori di manutenzione a scuole, ecc…).
Per le generazioni di cechi che vissero quegli anni come studenti, sono certamente indimenticabili anche i lavori estivi (“letní brigády”) che erano chiamati a svolgere obbligatoriamente, nei campi di frutta o verdura, o presso aziende produttive.
Gli slogan di partito erano estremamente diffusi, scritti sui monumenti e propagati come vere e proprie pubblicità. Ne elenco alcuni:
Buduj vlast, posílíš mír – Costruisci la patria, accresci la pace
Sovětský svaz – náš vzor – L’Unione sovietica – il nostro esempio
Proletáři všech zemí, spojte se! – Proletari di tutte le terre, unitevi!
Se Sovětským svazem na věčné časy a nikdy jinak! – Con l’Unione Sovietica per sempre e mai diversamente!
Komunismus – náš cíl – il comunismo, il nostro fine
Komunismus – náš zítřek – Il comunismo il nostro domani
Socialisticky pracovat, socialisticky žít! – Lavorare e vivere da socialista!
In agricoltura operavano i c.d. družstva, le cooperative agricole, che gestivano i terreni frutto della collettivizzazione partita nel 1948 (la nazionalizzazione della proprietà privata), erano presenti inoltre i družstva che gestivano imprese di interesse regionale come i trasporti, gli acquisti centralizzati, ecc…
A capo dei družstvo, veniva nominato solitamente un membro del partito KSČ.
Oltre agli slogan, diverse vie, piazze, scuole ed altri luoghi pubblici avevano denominazioni che richiamavano personaggi ed istituzioni comuniste. Anche diverse stazioni della metró cambiarono il nome nei primi anni Novanta. Ho dedicato un breve articolo a questo fenomeno visibile cliccando su questo link.
Aspetti pratici della vita di tutti i giorni
Come ho già indicato all’inizio di questo articolo, non ho mai sofferto la fame. Spesso quando sento raccontare situazioni di carenza di prodotti di base che avrebbero vissuto certi paesi dell’Est, posso affermare che non riguardarono certamente la Cecoslovacchia che ho conosciuto e frequentato. Potrebbe essere dovuto al fatto che Praga ha sempre rappresentato un fiore all’occhiello del paese, ma devo dire che anche quando ho viaggiato al nord ed al sud della Boemia, non ho mai percepito la povertà e la fame
In generale, nei negozi e nei supermercati mancava la scelta tra varie tipologie di prodotti, spesso era presente solo una marca, quella proposta dalle imprese di Stato, e la qualità talvolta era scadente. Frutta e verdura erano limitati, di produzione nazionale o proveniente dai paesi “fratelli”. Le arance cubane, i meloni dalla Bulgaria, le banane dall’America del Sud… In occasione dell’arrivo delle primizie, spesso sorgevano delle file di persone che pazientemente attendevano il loro turno per acquistare questi beni privilegiati.
Ricordo che nel paese dove abitavano i miei nonni, la carne veniva portata al giovedì, pertanto si andava a fare la fila una mezzoretta prima per cercare di acquistare i tagli migliori. Inoltre, come ho già accennato, praticamente ogni famiglia aveva un terreno che coltivava per avere primizie proprie e talvolta si allevavano animali da giardino, come conigli e galline, per avere una carne fresca e di qualità.
La Coca Cola e la Pepsi erano un bene di lusso, che si trovava nei locali turistici e bar del centro di Praga, raramente arrivavano in periferia. Le Marlboro venivano prodotte da queste parti, sulla base di una licenza concessa dalla Philip Morris, ma prevalevano le marche locali (tra cui le onnipresenti Start e le Sparta).
La TV alternava programmi in lingua ceca e programmi in lingua slovacca, questo per favorire l´unione culturale di due realtà che pur avendo radici vicine, avevano una storia ed anche lingue diverse. I film/telefilm americani erano sporadici: trovavano maggiore spazio i film italiani e francesi (ma sempre in modo molto limitato: ricordo ad es. le commedie di Bud Spencer e Terence Hill che effettivamente qua arrivarono, ricordo il film Amici miei trasmesso negli anni Ottanta nei cinema locali, ricordo Ragazzo di Campagna di Pozzetto, ricordo Fantozzi – mentre di francese ricordo Louis de Funés – tipo fantomas e film commedie).
La filmografia predominante era locale (si produceva prevalentemente negli studi di Barrandov a Praga). Anche i telefilm erano maggiormente di produzione locale o comunque dei paesi del blocco sovietico.
Ricordo che in quegli anni, trasmettevano anche il telefilm La piovra con il commissario Cattani… molte persone ritenevano che in Italia le pratiche mafiose fossero piuttosto diffuse e talvolta mi domandavano come si potesse vivere in Italia. D’estate, poi veniva trasmesso un riassunto del festival di Sanremo. Anche grazie a questo, credo, la musica italiana trovò una diffusione importante e maggiore rispetto agli altri paesi occidentali (conosciutissimi, dalle vecchie generazioni, sono Albano e Romina, I ricchi e poveri, Toto Cutugno, Tozzi). Ho dedicato un articolo del blog a questo tema.
Come già accennato ad inizio articolo, i telegiornali di allora, guardati oggi, fanno sorridere. Acclamavano ai risultati produttivi (per lo piú palesemente falsificati) dell’industria e dell’agricoltura, alla crescita della Cecoslovacchia. Non a caso, Havel, nel primo discorso da presidente tenuto il 1.1.1990, dichiarava pubblicamente che seppure per 40 anni il popolo ed i cittadini hanno sentito come il paese cresce ed è prosperoso, lui partiva dal principio che fosse stato eletto pubblicamente per non mentire, pertanto tutte queste cose non erano vere.
L’imponente progetto della Metro a Praga nasce negli anni ´70 grazie al supporto ed alla tecnologia sovietica. L’apertura della prima linea risale al 1974, l’ampliamento ad una ulteriore linea risale al 1977. L’efficienza odierna di tale sistema di trasporto, occorre riconoscerlo, nasce proprio negli anni della Cecoslovacchia socialista.
Quasi tutte le donne si dedicavano al cucito, a tessere la lana, a creare i propri abiti moda con stoffe acquistate. Le tendenze occidentali inevitabilmente arrivavano. Il sogno di ognuna era di essere vestita alla moda. La scarsa capacità di acquisto, si compensava con questa passione che per certi versi è rimasta ancora largamente diffusa ai giorni nostri. Collegato a questa necessità, esisteva anche una larga diffusione dei second hand, denominati “Bazar” dove era possibile acquistare abbigliamento di seconda mano a prezzi modici.
Negli anni Ottanta, a mia memoria, i capelli lunghi degli uomini erano in generale accettati. In realtà i capelli lunghi furono oggetto di aspre contestazioni sul finire degli anni 60: il regime riteneva che le persone con i capelli lunghi fossero ribelli, socialmente problematici e rischiosi per l’ordine pubblico. Risale al ´66 un intervento molto forte da parte delle autorità di polizia (VB) nei confronti di un gruppo di giovani ritenuti problematici. Il tentativo fu di discreditare queste persone, impedendo in alcuni casi anche l’ingresso nelle scuole, nei luoghi di pubblico interesse ed addirittura sui mezzi pubblici.
Di seguito alcuni prodotti che ricordo con nostalgia (non tanto per la qualità, ma per quanto fossero diversi a quanto eravamo abituati in Italia). Peraltro, il fenomeno “retro” è molto amato anche dai locali, ricordando un periodo che oggi appare molto diverso dalla realtà quotidiana.
Per molti aspetti il tempo tende a cancellare i ricordi negativi, lasciando quelli migliori.
Il litro di latte nella plastica
Ebbene sì, non esistevano i tetrapack, e le bottiglie di vetro erano poco diffuse. Il latte si comprava confezionato in plastica sottile. A volte, nel tragitto verso casa la plastica cedeva, magari a seguito di una semplice caduta, e facilmente si combinava un disastro.
Per i bambini, il latte in polvere era il “Sunar“. Le generazioni degli anni 70 e 80, anche per la scarsa propensione all’allattamento, sono cresciute con questo alimento.
Non penso di aver mai mangiato (o bevuto?) in Italia il latte dolce condensato venduto nella confezione a tubetto. Questo latte, da molti giudicato di una dolcezza quasi nauseante, viene venduto ancora oggi.
Il cacao in polvere Granko
Delizia di oDelizia di ogni bambino, il cacao in polvere Granko è nella mente di tutti i 30-40 enni, peraltro si vende ancora nei negozi con questo marchio.
Le Tatranky e Horalky
I I biscotti wafer, generalmente con il ripieno alla nocciola, si sono sempre venduti da queste parti, ricordo in particolare questi due marchi.
Le caramelle
Per la verità, gran parte dei marchi sono ancora presenti oggi. Ricordo vari nomi: le caramelle bohemians – klokánky, le caramelle Slavia, Hašlerky. Le mie preferite erano le caramelle Bon Pari e le Hašlerky
E naturalmente la gomma da masticare Pedro… che dopo 5 minuti erano già senza sapore
La cioccolata maggiormente diffusa, ancora oggi, è sotto il marchio storico ceco Orion, oggi rientrante nel gruppo Nestlé.
I negozi
Risalgono agli anni 70-80 il centro commerciale Kotva di Praga, i supermercati commerciali marchio Prior e Máj. I negozi di alimentari erano quasi tutti sotto il marchio Jednota.
Le scatolette di carne
Ancora diffuse oggi, la carne in scatola sotto forma di paté, aveva una grande diffusione dappertutto. Majka rappresenta probabilmente il marchio più celebre ed ancora oggi è ampiamente consumato.
Il pane nero
Abituato al pane bianco italiano, il pane nero era per me una grande diversità rispetto alle abitudini. Tuttavia, era un pane che mi piaceva, specie con il burro e sale, oppure con il prosciutto cotto (šunka).
La birra
La Cecoslovacchia é sempre stata un grande produttore di birra pregiata, ed il consumo pro-capite è sempre stato molto elevato. Oltre che servita nelle hospode, veniva vendute in bottiglie di vetro, con vuoto a rendere (abitudine rimasta anche oggi). Le birre più celebri erano la Budwaiser e il Plzenský Prazdroj (Pilsner Urquell), ma vi erano numerosi marchi più regionali, come Staropramen, Kozel, Krušovice, ecc….
Le automobili
La Škoda è la casa automobilistica ceca per eccellenza. I modelli che ricordo maggiormente, sono: škoda embéčko, škoda 120 e škoda favorit. Sinonimi di scarso design, praticamente zero accessori e pochissima tecnologia, questi modelli, dato che le auto occidentali difficilmente si potevano acquistare anche per i prezzi proibitivi, hanno rappresentato il sogno di ogni ceco medio.
Esistevano anche altre marche prodotte nei paesi alleati, come il Trabant, oppure l’auto Wartburg prodotti nella ex Germania dell’Est o il žigulík. A volte capitava di vedere anche la Fiat, con la 126 oppure la 127, considerando che veniva prodotta in Polonia.
Un modello di automezzo a tre ruote che mi è rimasto impresso è il Velorex
Le moto e scooter non erano particolarmente diffuse, i marchi più famosi erano la Jawa, il modello Babeta e Čezeta e le moto Samson.
Le bibite
Le bibite occidentali (Coca Cola, Pepsi, Fanta, Sprite,…) non erano facilmente reperibili. Rispetto all’Italia, si diffusero molto le bibite dolci saporite, una sorta di limonata che veniva venduta nei negozi, bar e ristoranti a prezzo molto popolari. I vuoti erano a rendere.
Risale a quel periodo anche la nascita del marchio e della bibita Kofola, che ancora oggi è molto diffusa.
Buchty a domácí koláče
La tradizione dolciaria ceca è ancora oggi molto viva. Ogni famiglia ha la donna di casa che prepara i dolci tradizionali. A seconda dei periodi dell’anno, si alternano varie prelibatezze. Anche la frutta di stagione condiziona molto i dolci e le torte che si servono sulle tavole locali. Personalmente mi porto dentro dei sapori che quando incontro oggi (purtroppo sempre piú raramente) mi risvegliano i ricordi della mia infanzia, della nonna che nei giorni di festa preparava i koláče e le torte. Un posto nel mio cuore le hanno le “buchty”, dei dolci lievitati e ripieni di ricotta dolce, cosparsi di zucchero a velo.
Piccole letterine in plastica, dai tanti colori, che si incastravano tra loro. Si trattó di un incredibile fenomeno moda degli anni Ottanta, a cui ho dedicato anche un post autonomo visibile al seguente link.
La torre delle trasmissioni di Žižkov dal 2001 é ornata di dieci statue di piccoli bambini a quattro zampe. Le dimensioni di questi „miminka“ (in ceco „piccoli bambini“) sono impressionanti: 350 cm di lungezza e 260 cm di altezza, il peso e´ attorno ad un quintale. Una caratteristica di tutte queste statue e´ che sono senza faccia, sostituita da un codice a barre.
Il progetto di David Černý denominato “Mininko” in realtá nasce giá negli anni 90, con la temporanea installazione di un bambino presso il museo di arte moderna di Chicago. Successivamente, la statua ha viaggiato in varie parti del mondo, finendo anche presso il centro ceco di Londra negli spazi dell´Ambasicata. Nel 2000 furono temporaneamente installati sulla torre di Žižkov, per poi essere installati in via definitiva (per una durata di almeno 20 anni) nel 2001. Nell´autunno del 2017 le statue sono state rimosse per una ristrutturazione.
Il significato di queste statue non é volutamente chiarito dallo scultore Černý, ma evidentemente la presenza del codice a barre lascia pensare ad una critica provocatoria alle modifiche genetiche, agli interventi di laboratorio sul DNA volti a preconfezionare degli uomini quasi perfetti, ma tutti uguali.
Dal 2008, si trovano anche tre miminka, ossia tre statue in bronzo di bambini analoghe all´isola di Kampa dove é possibile ammirare da vicino queste sculture.
Praga magica, Praga capitale dell´esoterismo e dell´alchimia, Praga incrocio di varie culture e paese di confine.
Questa miscela di fattori ha da sempre contribuito a creare miti, leggende e racconti che spesso hanno trovato spazio anche nella letteratura.
Il Golem
Narra la leggenda, di origine ebraica, che il rabbino Rabbi Jehuda Low (o Loewú ben Bezalel – figura magica e mitologica, ma effettivamente vissuta dato che ha la tomba nel vecchio cimitero ebraico situato in Josefov – creó dall´argilla una figura, una sorta di statua, che veniva attivata tramite una pietra magica denominata “šém” e la rendeva viva per compiere lavori, ma priva di anima, parola e sentimenti.
Siamo nella Praga di fine XVI secolo, nel quartiere ebraico di Josefov, che era profondamente diverso da quanto possiamo vedere al giorno d´oggi, la comunitá ebraica non era affatto integrata ad altre comunitá, coma ad es. quella cattolica e vi sono diverse versioni che sostengono che il Golem fosse stato creato non solo per servire nei rituali religiosi in sinagoga, ma anche per proteggere gli ebrei dagli assalti dei cattolici.
Naturalmente, fu un rito magico e basato sul numero sette, che diede le origini al Golem.
Il Golem inizió a crescere di forza, diventando sempre meno controllabile, ed il rabbino Low, alla fine, fu costretto a riporlo nella soffitta della vecchia sinagoga, portandolo poi alla autodistruzione.
Una versione di questa leggenda spiega che la figlia del rabbino Low fosse molto malata, e che il Golem lo aiutava nell´assisterla. Un giorno, essendo chiamato agli obblighi religiosi, dimenticó di togliere la pietra che lo animava, ed il Golem, privo di istruzioni, inizió a demolire l´abitazione del rabbino e poi si recó per le strade distruggendo tutto. La figlia trovó la forza di recarsi presso la sinagoga per cercare il padre, e davanti a tale disastro, urló al Golem di fermarsi e prelevó la pietra. Essendo giorno di festa per la cultura ebraica, il Golem si trasformó in polvere. Il rabbino tornó quindi alla preghiera per terminare la cerimonia. Si dice che le polveri del Golem siano state nascoste nella soffitta della vecchia sinagoga (Sinagoga Staronova) esistente ancora oggi (si considera che sia la sinagoga piú vecchia del centro est Europa). Da allora l´accesso alla soffitta sarebbe stato vietato, anche se dei residui del Golem sembra non si sia trovata traccia. La figlia del rabbino Low guarí immediatamente.
Sinagova Staronova
La leggenda é corredata di vari dettagli e precisazioni che evidentemente sono sorti nel tempo, come ad esempio il fatto che il Golem avesse la scrittá “veritá” sulla fronte, e che per farlo terminare nell´attivitá distruttiva, si sia scritta la parola “morte”. Altre fonti sostengono che il Golem fosse talmente grande, che il rabbino non riuscisse piú a raggiungere la bocca del Golem e per riuscire a raggiungerlo per togliere la pietra, si narra gli abbia detto di allacciargli la scarpa, ma una volta che tolse la pietra, il Golem cadde direttamente sul rabbino e questi morí.
Sarebbe stato un sogno, invece, a portare il rabbino Low a crare il Golem. Si narra che alcune formule magighe, o forse preghiere, attivassero il Golem, assieme alla pietra magica. Il corpo del Golem si riscaldava, e man mano che si attivava, diventava sempre piú grande. Sarebbe stata la paura di non poter controllare piú la forza del mostro, quella che ha portato alla sua distruzione decretata dal suo genitore.
Diversi film sono stati dedicati alla figura del Golem, un robot antesignano.
M.U.K.L (můž určený k likvidaci) indica letteralmente l´uomo destinato all´eliminazione, una definizione che circolò nelle prigioni politiche cecoslovacche, presa direttamente dagli orrori del nazismo.
Sette statue in bronzo disseminate lungo una scalinata, sono l´opera realizzata dall´artista Olbram Zoubek, assieme agli architetti Zdenek Holzl e Jan Kerel, che mostra l´inquietante dissolversi dell´individuo – a memoria del progressivo annientamento dell´uomo generato da una dittatura. L´individuo però resiste con fierezza, anche se menomato nello spirito e fisicamente – resistendo in piedi.
Il monumento alle vittime del comunismo si trova a Praga, nella zona di Malá Strana, alla base della collina di Petřín dal 2002.
Ha l´obiettivo di ricordare ai posteri i prigionieri politici e le vittime del regime che ha governato la Cecoslovacchia dal 1948 al 1989.
Una fascia in bronzo, ed una stele alla base del monumento ripetono i numeri di queste persecuzioni: 205 486 persone condannate, 248 condanne capitali, 4 500 persone decedute nelle prigioni, 327 persone morte ai confini, 170 938 cittadini emigrati. (“Oběti komunismu 1948 – 1989: 205 486 odsouzeno – 248 popraveno – 4 500 zemřelo ve věznicích – 327 zahynulo na hranicích – 170 938 občanů emigrovalo”).
I MUKL erano tipicamente dei prigionieri politici, che erano ritenuti scomodi per il regime, e pertanto erano destinati a lavori umilianti e molto faticosi. Tipico il lavoro nelle miniere di uranio o di carbone. Vi sono molte testimonianze delle pessime condizioni in cui versavano questi individui, e delle difficoltà per comunicare con la loro famiglia e loro cari, fino ad arrivare ad un progressivo annientamento dell´individuo che lo portava all´oblio ed alla morte.
Questa opera é particolarmente suggestiva la notte: grazie dall´illuminazione, gli effetti luce colpiscono l´animo molto più che durante il giorno. Purtroppo, il monumento è stato bersaglio di vari atti vandalici nel recente passato.
La giornata della memoria delle vittime del comunismo si celebra il giorno 27 giugno di ogni anno, la data ricorda l´esecuzione di Milada Horáková, che avvenne il 27 giugno 1950.
David Černý rappresenta una delle migliori espressione dell´arte moderna ceca, pur essendo capace di trasmettere emozioni forti ed a volte molto discusse se non pesantemente criticate. Praghese dalla nascita, ha studiato presso l´universitá artistico industriale, rappresenta l´artista boemo per eccezione. Frequentatore di birrerie nella zona di Mala Strana, spesso oggetto di forti critiche se non denucie, la fama di Černý ha valicato anche i confini cechi, poiché diverse opere sono esposte in giro per il mondo.
IL CARRO ARMATO ROSA – il carro armato IS (Iosif Stalin)-2 prodotto dall´Unione Sovietica nel 1943 fu utilizzato durante la seconda guerra mondiale e rappresentó uno dei simboli della vittoria dell´Unione Sovietica nei confronti dell´impero nazista.
Il carro armato numero 23, conosciuto anche come il tank di Smichov, fu esposto a lungo presso l´attuale Piazza Kinsky (prima Piazza dei tankisti sovietici) negli anni del dopoguerra a Praga, ed era considerato monumento nazionale.
Il carro divenne famoso, quando improvvisamente fu colorato di rosa….
Il 27 aprile 1991, Černý assieme ad alcune persone coloro´ il tank di rosa. Il giorno successivo lo scalpore fu enorme, al punto che anche l´ambasciata sovietiva avrebbe protestato. Černý fu arrestato sotto l´accusa di disturbo della quiete pubblica e successivamente liberato. Il tank fu dipinto nuovamente di verde, ma nel giro di qualche giorno, 15 neo parlamentari eletti, forti del loro status di immunitá, ridipinsero il tank di rosa per protestare dell´arresto di David Černy.
Il tank rosa si trova oggi presso il museo militare di Lešany (Týnec nad Sázavou) e non é piú un monumento nazionale.
Le vicende attorno al tank rosa, in realtá si sono protratte nel tempo. David Černý propose un nuovo monumento al posto del tank rosa che doveva essere solo una parte del tank, in quanto i tre quarti dovevano essere sepolti sotto terra.
Effettivamente questa idea fu realizzata nel 2001, ma fu fonte di ulteriori critiche anche da parte di politici cechi (tra cui l´allora premier ed oggi presidente Zeman) e non venne mai installato nella Piazza Kinsky. Oggi, questa opera si trova a Lázně Bohdalec. L´opera peraltro fu anche oggetto di ulteriori provocazioni politiche da parte di Černý, come nel 2008 in cui fu inserita una fascia bianca sul carroarmato e nuovamente situata nella Piazza Kinsky, per protestare contro il conflitto russo-georgiano. Un ulteriore curiositá, il tank originale, fu temporaneamente spostato a Praga sul fiume Moldava, dove resto´esposto per qualche mese nel 2011 nell´ambito della settimana della libertá.
David Černý rappresenta una delle migliori espressione dell´arte moderna ceca, pur essendo capace di trasmettere emozioni forti ed a volte molto discusse se non pesantemente criticate. Praghese dalla nascita, ha studiato presso l´universitá artistico industriale, rappresenta l´artista boemo per eccezione. Frequentatore di birrerie nella zona di Mala Strana, spesso oggetto di forti critiche se non denucie, la fama di Černý ha valicato anche i confini cechi, poiché diverse opere sono esposte in giro per il mondo.
QUO VADIS – Si tratta della prima opera di Černý e risale al 1991. Fabbricato in plastica, che ritrae la celebre auto Trabant (automobile prodotta nell´ex Germania dell´Est, simbolo associato alla caduta del muro di Berlino del 1989) a cui sono state aggiunte 4 gambe.
Nel 1989 quattro mila tedeschi provenienti dalla Germiania dell´Est (DDR) occuparono il giardino dell´ambasciata federale tedesca (Germania dell´Ovest) di Praga in ricerca di asilo politico. Furono momenti storici importanti, prima della caduta del muro di Berlino ed il collasso di tutti i regimi socialisti avvenuto nei mesi successivi.
I tedeschi della DDR avevano principalmente le Trabant, un´auto con motore a due tempi e telaio in materiale plastico.
Opera esposta per la prima volta nel 1991 in piazza della cittá vecchia (Staroměské náměstí) ed inaugurata il giorno in cui le due valute tedesche di allora (i marchi) si unificarono. Oggi, l´originale si trova presso il Forum di storia moderna a Lipsia ed una copia in bronzo (in realtá solo dopo 10 anni l´opera fu ricoperta dal bronzo per mitigare l´azione del tempo) é collocata nei giardini dell´ambascita germanica di Mala Strana in Praga 1, dal 1991, in via Vlašská 19/118.
Le origini del nome Praga, in ceco “Praha”, non sono chiare e lasciano spazio a diverse interpretazioni.
La piú diffusa sostiene che il nome della cittá sia da far risalire alla principessa Libuše, che predisse la stellare gloria della cittá, guardando la collina di Vyšehrad. La principessa disse al popolo di costruire una cittá alla soglia della foresta, dove aveva visto un falegname che stava delineando la soglia di una casa (sarebbe nella zona di Malastrana). „Prah“ in ceco infatti significa soglia. Come ci si inchina entrando nella soglia di casa, cosí le persone si inchineranno alla grandezza della cittá di Praga – predisse la principessa.
L´origine del nome Praga, secondo alcune teorie, deriva invece dalla parola ceca „Pražit“ ossia „bruciare“. In merito a questa interpretazione esistono due tesi: una che intende „bruciata dal sole“ lasciando intendere l´origine di Praga su un monte sul quale batteva il sole (per alcuni Hradčany – dove si trova attualmente il castello di Praga), la seconda che intende un luogo che sarebbe stato bruciato dal fuoco, forse una foresta, per far posto alla cittá.
I „prahy“ nell´antichitá erano anche i legni messi di traverso su un fiume per formare un passaggio consentendo il transito sull´altra sponda. La cittá di Praha, potrebbe richiamare questo antico ricordo.
Poiche´ „Prah“ significa soglia in lingua ceca, richiama anche l´idea di confine, forse evidenziando una meta dei mercanti, di passaggio tra Ovest ed Est, oltre che tra Nord e Sud. Peraltro, in antico slavo, „pražnice“ erano delle sorte di anfore dove gli antichi agricoltori seccavano il grano e il posto dove poi si bruciava/cuoceva il grano era detto „Praga“. Vi sono anche sostenitori dell´idea che avrebbe origine dal polacco, dove Praha sarebbe una sorta di soglia all´arrivo a Varsavia, forse una via dei vecchi mercanti.
Alcune tesi sostengono che sia la soglia dell´inferno („Prah do pekla“), richiamando la forte vena esoterica e alchimistica che Praga racchiude in se, altre troverebbero l´origine ancora piú lontana – un mercante arabo, tale Ibrahim avrebbe parlato di Praga – forse anche definita come Faraga o Paraga prima dell´anno mille, descrivendo una cittadina costruita in pietra e calce.
Praga potrebbe derivare anche dal „Pareguv vrch“ oggi collina di Petřín.