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I Sudeti Cecoslovacchi, una storia di difficile convivenza tra etnie, senza un lieto fine.

La Cecoslovacchia, nata nel 1918, si trovò fin da subito ad affrontare problemi di minoranze etniche. Di particolare rilievo furono i rapporti con le popolazioni tedesche e portarono ad uno dei piú importanti esodi del dopoguerra.

A seguito della dissoluzione dell´Impero Austro Ungarico alla conclusione della prima guerra mondiale, nel 1918 nacque la Repubblica Cecoslovacca, comprendente le regioni della Boemia, Moravia, Slesia Cechia, Slovacchia e Rutenia (in ceco „Podkarpatská rus“).

Si coronò il sogno di autonomia maturato nel corso del secolo precedente e la personalità maggiormente di spicco di questi anni fu certamente il primo presidente, Tomáš Garrigue Masaryk.

Nel 1918, la neonata Repubblica Cecoslovacca, si trovò tuttavia a gestire varie situazioni problematiche, non definite a priori sulla carta e sulle quali si aprirono varie discussioni in campo internazionale che perdurarono anche nel 1919.

Le nuovo frontiere furono contestate sia nelle provincie a maggioranza tedesca prevalentemente localizzate ai confini con la Germania e l’Austria – proteste portate avanti fino alla primavera del 1919 e che costarono la vita a decine di manifestanti – che nella zona denominata Slesia e della zona di Těšín, rivendicate dai polacchi. Anche la Slovacchia, nella parte meridionale, dovette fare i conti con una situazione di guerra con l’Ungheria, ed una etnia magiara importante presente sul proprio territorio.

Progressivamente, queste situazioni di tensione trovarono una pausa politica dopo la firma degli accordi di pace di Versailles nel 1919.

Tuttavia, le rivendicazioni nazionalistiche autonomiste continuarono sospinte anche dal clima internazionale che si delineò in Europa nel primo dopoguerra.

Per capire la multietnicità della Cecoslovacchia, nel 1930 la popolazione pari a 14,7 milioni di persone, era suddivisa come segue

  • Cechi e slovacchi 9,689 milioni
  • Tedeschi 3,232 milioni
  • Ruteni 549 mila
  • Ungheresi 692 mila
  • Ebrei 187 mila
  • Polacchi 82 mila
  • Altre etnie 50 mila

LE POPOLAZIONI GERMANICHE PRESENTI SUL TERRITORIO CECOSLOVACCO

Occorre premettere che le popolazioni di etnica germanica si iniziarono ad insediare nella zona dei Sudeti fin dal XIV secolo. A livello geografico, per Sudeti si intende la zona dell’altopiano che si trova nella Boemia settentrionale, e la divide dal Bassopiano Germanico. In realtà, nel linguaggio corrente, con il termine di Sudeti si considera tutta la zona a maggioranza germanica che si trova sul territorio Boemo e della Slesia al confine con la attuale Germania, la Polonia e l’Austria.

Presenza germanica nel territorio Ceco – Fonte wikipedia

I rapporti tra la popolazione boema e tedesca furono problematici fin dai decenni antecedenti la prima guerra mondiale, nonostante vari tentativi di trovare una soluzione ragionevole da parte dell’Impero Austro Ungarico, piuttosto liberale nel cercare di introdurre nel parlamento viennese i rappresentanti politici eletti nelle zone di etnia differente eletti democraticamente. Per una piena comprensione della tematica autonomista, dobbiamo tenere presente che nel secolo XIX le spinte nazionalistiche portarono alla nascita anche di nuovi stati (si pensi all’Italia, ad esempio), e di fatto crearono le basi per una guerra mondiale che ebbe anche come effetto la deflagrazione dell Impero Austro Ungarico che esisteva da quattro secoli.

La Cecoslovacchia, nel 1918, nacque effettivamente sulle ceneri dell’Impero Austro Ungarico, e sulla aspettativa delle nazioni vittoriose di punire le nazioni perdenti, in particolare quelle a lingua germanica. Pertanto, accanto ai debiti di guerra, volutamente si divisero le popolazioni di lingua tedesca in vari stati, al fine di impedire la nascita di un forte stato germanico, e limitiare una potenziale minaccia futura per tutte le nazioni europee.

La convivenza tra boemi e tedeschi, già problematica prima della guerra, divenne gradualmente insopportabile, spinta dalla politica nazionalsocialista della vicina Germania che ebbe inizio negli anni 20 del secolo scorso e che ispirarono vari politici di allora.

Negli anni 30, le zone dei Sudeti videro in particolare la vittoria elettorale di due partiti nazionalisti, che nel 1933 confluirono nel Sudetendeutsche Partei, apertamente schierato a partire dal 1937 accanto al Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, meglio conosciuto come Partito Nazista o Nazionalsocialista, guidato da Adolf Hitler.

Le pretese autonomiste dei tedeschi presenti nei Sudeti crebbero sempre più, con la crescente forza del partito nazionalsocialista di A. Hitler. Il leader del Sudetendeutsche Partei, Kondrad Henlein, nel 1938 arrivò a pretendere la assoluta autonomia dei territori dei Sudeti presentando tale proposta unilaterale al governo cecoslovacco. Tale richiesta fu rigettata, ma rappresentò il pretesto per la successiva annessione alla Germania nell’autunno dello stesso anno.

In effetti, il 12 settembre 1938 Hitler prese pubblicamente posizione in favore delle rivendicazioni di Henlein e ruppe ogni trattativa con il governo cecoslovacco. In Europa si cercò di raggiungere una soluzione politica a questa crisi sforzandosi di evitare un nuovo conflitto bellico. L’allora capo di governo britannico, Chamberlain, propose una conferenza dei capi di governo britannico, francese, tedesco e italiano, riunitasi poi a Monaco di Baviera, nella quale si acconsentì all’annessione della zona dei Sudeti alla Germania nazionalsocialista (da notare che a questa conferenza non furono invitati i rappresentanti politici cecoslovacchi).

L’accordo di Monaco viene ricordato ancora oggi come un tradimento da parte delle principali nazioni europee alla Cecoslovacchia. L’illusione di evitare un conflitto – che come sappiamo scoppió comunque nel giro di qulache mese – rese la Germania ancora piú forte militarmente e territorialmente. D’altra parte, l’opinione pubblica occidentale non desiderava una seconda guerra, e di questo i politici coinvolti dovettero tenerne conto (questo tipo di politica volta ad ottenere un accordo a tutti i costi, venne denominata appeasement e principalmente riguardó la Gran Bretagna).

Dal punto di vista strategico, l’annessione di questi territori era cruciale per la politica di Adolf Hitler in un’ottica di espansione territoriale che mirava a conquistare i territori slavi, possibilmente senza iniziare alcun conflitto con altre nazioni europee. La Cecoslovacchia, considerata vicina alla Gran Bretagna e soprattutto alla Francia, si trovava in effetti in una posizione strategica che avrebbe potuto indebolire la Germania. Con il senno del poi, la scelta di abbandono degli alleati rappresentó un errore geopolitico.

Sempre con il pretesto di proteggere le minoranze etniche tedesche, nel marzo 1939, Hitler completò il piano di smantellamento della Cecoslovacchia, occupando Praga, e creando il Protettorato Boemo e Moravo direttamente sotto la propria egemonia, mentre nella regione Slovacca fu instaurato un Governo fantoccio filotedesco. Il presidente cecoslovacco in carica, Edvard Beneš, lasció il paese per Londra e poi per gli Stati Uniti.

Accanto ai motivi geopolitici e militari, la Germania ebbe anche un interesse economico ad annettere rapidamente questi territori: la raccolta di manodopera a basso costo – i giovani slavi furono costretti ad andare a lavorare nelle fabbriche tedesche – e presa del possesso da parte del Terzo Reich di materie prime e fabbriche con tecnologia all’avanguardia sul territorio cecoslovacco indispensabili per armare ulteriormente la Germania. Ricordiamo che negli anni 30 la Cecoslovacchia era uno dei paesi all´avanguardia in Europa.

L’atteggiamento dei tedeschi nei confronti delle minoranze boeme non fu clemente: vi furono diversi arresti, molte persone furono costrette ad emigrare, ed in generale si sviluppò un clima di forte intolleranza nella zona dei Sudeti e della Boemia che continuò durante la seconda Guerra mondiale.

Questo duro atteggiamento, si rivoltò contro le etnie tedesche al termine della Seconda Guerra mondiale, facendole ritenere collaborazioniste del regime nazista e creando le premesse per l’esodo imposto negli anni successivi.

Si stima che 2,8 milioni di tedeschi, nel periodo dal 1945 al 1946, furono costretti ad abbandonare i territori della Boemia e della Moravia, rinunciando ad ogni avere.

Questa migrazione di massa vide anche diversi episodi violenti e di giustizia sommaria, che furono oggetto di una amnistia post conflitto e di fatto restarono impuniti. 1,6 milioni di tedeschi furono trasferiti nella Germania sotto il controllo americano, circa 800 mila tedeschi vennero destinati alla Germania sotto il controllo sovietico, ulteriori decine di migliaia lasciarono i territori della Slesia, ed altre migliaia di persone vennero internate nei campi di lavoro.

Strettamente legati a questa annosa questione, vengono spesso citati i decreti del presidente Beneš, ossia quei decreti presidenziali emanati nel periodo 1945-1947, che tra le altre cose sancirono la confisca dei beni e l’espulsione dei tedeschi dalla zona dei Sudeti. I decreti riguardarono anche l’espulsione della minoranza magiara presente nella regione slovacca.

Nel 1950, la popolazione della Cecoslovacchia scese a 8,896 milioni di abitanti (sia per l’esodo della popolazione tedesca, sia perché i territori Ruteni ad Est che furono annessi all’URSS), suddivisa nelle seguenti etnie:

  • Cechi e slovacchi 8,6 milioni
  • Tedeschi 160 mila
  • Ungheresi 13 mila
  • Polacchi 71 mila
  • Ucraini, Ruteni 19 mila
  • Altre etnie 31 mila

Un rapido confronto con i dati del 1930 presentati in precedenza, evidenzia gli effetti della Seconda Guerra Mondiale e degli esodi conseguenti.

Ancora oggi si aprono talvolta discussioni sul merito dei decreti di Beneš e su quanto avvenuto negli anni dopoguerra, a conferma del fatto che le ferite di una guerra riguardano anche le generazioni future. Il neoeletto presidente Václav Havel effettuò il primo viaggio in Germania nel febbraio 1990, e pubblicamente ammise l’ingiustizia di quanto accaduto nel secondo dopoguerra, creando le basi per un riavvicinamento tra i popoli.

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